📢 LE MALETESTE 📢
30 nov 2023
Le forze israeliane e i coloni stanno terrorizzando la popolazione palestinese in Cisgiordania in vista della sua espulsione e dell’annessione della terra palestinese.
di MARIAM BARGHOUTI, Al Jazeera
Mariam Barghouti, Al Jazeera
29 novembre 2023
Nell’ultimo mese e mezzo, gli obiettivi genocidi di Israele a Gaza sono diventati sempre più chiari. Non solo l’esercito israeliano sta massacrando i civili, ma sta anche bombardando a tappeto l’enclave con l’obiettivo di distruggere tutte le infrastrutture civili destinate a sostenere la vita.
Sono stati presi di mira ospedali, scuole, piani di trattamento delle acque, qualsiasi fonte di elettricità – compresi i pannelli solari – magazzini e fattorie. Questo ha reso la Striscia invivibile, costringendo i palestinesi a vivere un’altra Nakba.
Ma non è solo a Gaza che Israele spera di sbarazzarsi della popolazione palestinese. Lo sforzo di pulizia etnica israeliano si estende alla Cisgiordania occupata, dove Israele sta portando avanti un piano simile, anche se più furtivo.
Piani di annessione
Separare il continuo genocidio a Gaza dal più ampio contesto palestinese significa non vedere che l’obiettivo dei crimini israeliani non è né Hamas né la Striscia di Gaza, ma piuttosto l’esistenza dei palestinesi nella Palestina storica nel suo complesso.
Non si tratta di un timore immaginario dei palestinesi, ma di una realtà che persino i padri fondatori dello stato israeliano hanno costantemente e apertamente ammesso.
“Non c’è altro modo che trasferire gli arabi da qui ai paesi vicini, e trasferirli tutti, tranne forse [gli arabi di] Betlemme, Nazareth e Gerusalemme Vecchia”, scrisse Joseph Weitz, direttore del Fondo Nazionale Ebraico (JNF) nel suo diario nel 1940.
“Non un solo villaggio deve essere lasciato, non una sola tribù [beduina]. E solo dopo questo trasferimento il Paese sarà in grado di assorbire milioni di nostri fratelli e il problema ebraico cesserà di esistere. Non c’è altra soluzione”, concludeva Weitz.
Le milizie ebraiche che hanno condotto una campagna di pulizia etnica di massa dei palestinesi per fondare Israele non hanno conquistato la Cisgiordania e Gaza nel 1948, non perché non lo desiderassero, ma perché non ne avevano la possibilità. Le pressioni internazionali e i limiti delle loro capacità militari lo impedivano.
Allo stesso tempo, questi territori servirono convenientemente come destinazione per i palestinesi espulsi dalla costa del Mediterraneo, da città come Yaffa, Safad, Lydd e i villaggi intorno ad esse, di cui le milizie si erano impadronite.
La guerra del 1967 diede a Israele l’opportunità di realizzare il suo obiettivo di dominare tutta la Palestina storica. Occupò Gerusalemme Est, la Cisgiordania e Gaza, oltre alla penisola del Sinai in Egitto e alle alture del Golan in Siria che rimangono occupate ancora oggi.
Da allora, sono stati elaborati vari piani per annettere una parte o l’intera Cisgiordania e Gaza, spingendo la popolazione palestinese in bantustan isolati o verso i vicini stati di Giordania ed Egitto.
La costruzione di oltre 150 insediamenti israeliani illegali e 120 avamposti in tutta la Cisgiordania occupata è una politica che deriva da questi piani. La stessa politica è stata seguita anche a Gaza fino al 2005, quando Israele ha smantellato gli insediamenti e due anni dopo ha assediato la Striscia.
Con il pretesto di “proteggere” la popolazione dei 700.000 coloni, Israele ha invaso sempre più terra, espellendo sempre più palestinesi dalle loro comunità e negando loro l’accesso ai campi, ai pascoli e agli uliveti. Questo ha danneggiato i mezzi di sussistenza e l’autosufficienza dei palestinesi.
Ha anche incoraggiato e imbaldanzito i coloni a molestare, torturare e uccidere i palestinesi nella loro stessa terra. Tutto ciò, unito alle politiche volte a strangolare l’economia palestinese e a spingere la maggior parte dei palestinesi in uno stato di costante precarietà, ha l’obiettivo finale di costringere la popolazione palestinese ad andarsene “volontariamente”.
Preparazione alla Nakba
Nell’ultimo anno, il governo israeliano guidato da Benjamin Netanyahu ha intensificato queste politiche. Quando Hamas ha lanciato l’offensiva del 7 ottobre, la situazione nella Cisgiordania occupata era già da tempo intollerabile.
L’anno 2023 si preannunciava come il più letale per i palestinesi della Cisgiordania occupata da quando le Nazioni Unite hanno iniziato a documentare le vittime nel 2006. Al 7 ottobre, le forze israeliane e i coloni avevano ucciso circa 248 palestinesi, la maggior parte dei quali erano civili, tra cui almeno 45 bambini.
L’esercito israeliano, in coordinamento con le forze di sicurezza dell’Autorità Palestinese (AP), ha intrapreso violente incursioni e massacri in tutta la Cisgiordania, concentrandosi sui distretti settentrionali di Nablus, Jenin e Tulkarem.
Anche il numero di attacchi dei coloni contro le comunità palestinesi è salito alle stelle ed è cresciuto sia in termini numerici che di violenza. A febbraio, i coloni hanno compiuto un pogrom nella città palestinese di Huwara.
A giugno, il governo israeliano e il suo Ministro delle Finanze Bezalel Smotrich hanno annunciato nuove misure per facilitare e accelerare l’annessione di terre palestinesi. A luglio, le espansioni approvate degli insediamenti israeliani avevano raggiunto livelli record.
L’economia palestinese, già sull’orlo del baratro, ha sofferto ancora di più per la distruzione delle infrastrutture e la limitazione della libertà di movimento da parte delle forze israeliane e dei coloni.
Le demolizioni di case e strutture di sostentamento palestinesi sono aumentate. Al 1 ottobre erano stati distrutti più di 750 edifici, sfollando più di 1.100 palestinesi.
Tutti questi processi, finalizzati all’espulsione definitiva dei palestinesi e all’annessione della loro terra, erano già in pieno svolgimento prima del 7 ottobre. Israele ha poi sfruttato l’occasione dell’attacco di Hamas del 7 ottobre per accelerarli.
Mentre fino ad allora i canti di “morte agli arabi” si potevano sentire pubblicamente soprattutto nei raduni dei coloni, dopo il 7 ottobre la maggioranza degli israeliani si è sentita a proprio agio nel manifestare apertamente questo sentimento tra di loro e al mondo.
Negli ultimi 50 giorni, Israele ha ucciso 249 palestinesi in Cisgiordania, tra cui almeno 60 minori. Le incursioni israeliane nei villaggi, nelle città e nei campi profughi palestinesi della Cisgiordania occupata si sono intensificate per numero, gravità e uso di armi letali, tra cui fucili automatici, carri armati e droni suicidi “Maoz”.
Sono stati raggiunti picchi record di palestinesi arrestati e sottoposti a detenzione amministrativa, la versione del rapimento formalizzata di Israele. Dal 7 ottobre sono stati arrestati almeno 3.260 palestinesi in tutta la Cisgiordania occupata, tra cui molti minori. Anche i 150 palestinesi rilasciati finora nell’ambito dell’accordo per lo scambio di ostaggi rischiano di essere nuovamente arrestati.
Si sono moltiplicati rapporti e prove video di abusi e torture durante la detenzione. I palestinesi vengono inoltre regolarmente molestati e picchiati anche all’interno delle loro case o nelle strade.
Incoraggiati e armati dalle autorità israeliane, i coloni israeliani sono diventati ancora più violenti. Hanno intensificato le espulsioni forzate delle comunità beduine palestinesi del sud, vicino alla Valle del Giordano, e nelle aree centrali, vicino a Ramallah, sfollando più di 1.000 persone dal 7 ottobre.
Queste pratiche hanno avuto un impatto devastante anche sull’economia palestinese. L’esercito israeliano ha chiuso i principali checkpoint in tutta la Cisgiordania occupata, paralizzando quasi completamente i trasporti. I lavoratori giornalieri hanno faticato a guadagnarsi da vivere, mentre le scorte alimentari stanno diminuendo e le importazioni vengono trattenute più a lungo nei porti israeliani.
Anche il settore sanitario è in crisi, incapace di gestire il numero crescente di feriti e di pazienti. Come se non bastasse, l’esercito israeliano ha preso ad assediare gli ospedali in Cisgiordania.
Tutte queste tattiche servono a diffondere paura e disperazione tra i palestinesi, preparandoli in ultima analisi all’annessione e all’espulsione.
Eliminare la resistenza
Oggi assistiamo alla continuazione della Nakba a Gaza e in Cisgiordania. L’obiettivo israeliano è quello di espellere i palestinesi e tentare di assimilare i sopravvissuti, come ha cercato di fare con i palestinesi del 1948.
Oggi, questi sopravvissuti hanno la cittadinanza israeliana, ma sono trattati come cittadini di seconda classe e spesso esposti a pratiche discriminatorie e violente da parte dei cittadini ebrei-israeliani e delle autorità.
Di fronte a questa catastrofe incombente, i palestinesi della Cisgiordania sono rimasti abbandonati a se stessi.
L’Autorità Palestinese (AP) è l’unico attore palestinese che ha accesso alle armi, ma non ha fatto nulla per proteggere i palestinesi dalla violenza israeliana. Le forze della Sicurezza Nazionale, che contano 10.500 uomini, sono addestrate dagli Stati Uniti e dalla Giordania a svolgere attività di polizia, non a confrontarsi con un’altra forza armata.
Peggio ancora, queste forze e le unità di intelligence hanno assistito direttamente Israele nell’attaccare e smantellare qualsiasi sacca di resistenza armata in Cisgiordania negli ultimi anni. Contrariamente alle affermazioni della propaganda israeliana, i giovani che hanno deciso di imbracciare le armi – concentrati soprattutto a Jenin e Nablus – non fanno parte di Hamas; alcuni sono membri di Fatah o sono disertori delle forze dell’Autorità Palestinese, ma molti non hanno alcuna affiliazione politica.
Dal 7 ottobre, l’esercito israeliano si è concentrato sullo sradicamento di questi gruppi di resistenza, in modo che la popolazione civile della Cisgiordania fosse completamente indifesa di fronte alla violenza, all’espropriazione e all’espulsione.
Ma mentre Israele aumenta la violenza, la resistenza palestinese sta venendo alla ribalta. I palestinesi non smetteranno di lottare contro l’occupazione e l’apartheid solo perché non possono permetterselo.
Nessuno vuole vivere sull’orlo della sopravvivenza, dove viene spinto e tenuto sotto tiro da un regime straniero.
Il minimo che il mondo possa fare è smettere di cadere preda della propaganda israeliana e sostenere il diritto dei palestinesi di resistere al loro colonizzatore e oppressore alla ricerca della liberazione. Questo è il momento di avere il coraggio di parlare e fermare la spinta genocida di Israele. È in questo momento che i libri di storia ci offrono la prova che gli stati violenti di apartheid costruiti sui massacri non sono né legittimi né sostenibili.
MARIAM BARGHOUTI *
* Mariam Barghouti è una scrittrice palestinese-americana che risiede a Ramallah. I suoi commenti politici sono stati pubblicati, tra gli altri, su International Business Times, New York Times e TRT-World.
articolo originale su: aljazeera.com - 29 nov. 2023
Traduzione a cura di AssoPacePalestina