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“Il CHIAPAS è sull’orlo della guerra civile”: il comunicato in appoggio all'EZLN

📢 LE MALETESTE 📢

8 giu 2023

Il comunicato ha fatto il giro del mondo attraverso le oltre 800 associazioni della società civile e le oltre 1000 personalità del mondo dell’arte e della cultura che sostengono il movimento, il quale ha convocato per oggi, 8 giugno, una giornata di protesta internazionale.
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In Chiapas, lo Stato messicano al confine con il Guatemala, è in atto un’escalation estrema di violenze ai danni della popolazione locale, che sta portando la regione “sull’orlo di una guerra civile”. A sollevare il velo su quanto sta accadendo nel quasi totale silenzio internazionale è stato l’EZLN, l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale. In un comunicato diffuso pochi giorni fa, il movimento ha scritto come “Il Chiapas è sull’orlo di una guerra civile”, per via “dei paramilitari e dei sicari di differenti cartelli che si contendono il posto e dei gruppi di autodifesa, con la complicità attiva o passiva dei governi di Rutilio Escandón Cadenas e Andrés Manuel López Obrador [rispettivamente il governatore del Chiapas e il presidente messicano, ndr]”. Il comunicato ha fatto il giro del mondo attraverso le oltre 800 associazioni della società civile e le oltre 1000 personalità del mondo dell’arte e della cultura che sostengono il movimento, il quale ha convocato per oggi, 8 giugno, una giornata di protesta internazionale.


La goccia che ha fatto traboccare un vaso ormai stracolmo è stato l’attacco del 22 maggio contro la comunità Moisés Gandhi, parte del municipio autonomo Lucio Cabañas ad opera, riferisce l’EZLN, dell’ORCAO, l’Organización Regional de Cafeticultores de Ocosingo. Si tratta di un gruppo paramilitare che da anni ormai attacca le comunità zapatiste, col fine di occuparne le terre. Nel corso dell’attacco un militante del movimento, Jorge López Santíz, è stato raggiunto da alcuni colpi di pistola e ora lotta tra la vita e la morte. L’EZLN sottolinea che “L’attacco dell’ORCAO non è un conflitto tra comunità, come lo avrebbe definito Carlos Salinas [ex presidente del Messico, ndr] e come López Obrador cercherà sicuramente di dipingerlo”, ma “si tratta di un atto la cui responsabilità diretta è tanto del governo del Chiapas quanto del governo federale”.


L’episodio del 22 maggio non costituisce infatti un episodio isolato. Il conflitto armato tra comunità locali e gruppi paramilitari, in queste zone, ha profonde radici storiche. Attacchi come quello di ORCAO, scrive EZLN, rispondono a una precisa dinamica di spoliazione delle terre delle comunità zapatiste in linea con i progetti del governo, come Sembrado Vida, il quale garantisce fondi economici in cambio di certi tipi di raccolti, come alberi da frutta o da legna. “Programmi come Sembrado Vida e altri simili favoriscono il confronto tra comunità storicamente private delle proprie terre e dei propri diritti, dal momento che sono utilizzati come meccanismi di controllo politico e moneta di scambio perché organizzazioni come la ORCAO possano accedere ai supposti benefici che questi programmi offrono, al costo del furto delle terre recuperate e autonome zapatiste”.


A denunciare l’impennata nella violenza a livello locale è anche il centro per i diritti umani Fray Bartolomé de las Casas. In un rapporto pubblicato nel marzo di quest’anno il centro denuncia come al momento il Chiapas sia un “groviglio di notevoli interazioni tra delinquenza organizzata, gruppi armati e vincoli evidenti con il governo e le imprese”. Il centro segnala come siano sempre più frequenti, nella regione, sparizioni, espropri delle terre, assassini e torture, tra le altre cose. Il fenomeno che maggiormente si sta acutizzando, tuttavia, è quello degli sfollamenti interni forzati: “le sue dinamiche mostrano forme particolari di violenza che comprendono schemi di azione locali e quotidiani vincolati al controllo territoriale, in buona misura messo in pratica dalle strutture comunitarie, per parte dei gruppi armati e dei settori della politica regionale che li dirigono e li appoggiano” riferisce il centro. Altrettanto frequenti sono le sparizioni forzate (termine con il quale si intende qualsiasi privazione di libertà commessa da agenti o con il consenso di uno Stato, ed il seguente rifiuto di riconoscere tale privazione e di comunicare il luogo in cui la persona in questione si trova), molto spesso a danno delle autorità locali che denunciavano la violenza.


Uno degli episodi più eclatanti di violenza si è verificato venerdì due giugno quando, a seguito della comunicazione rilasciata dagli zapatisti, il gruppo civile criminale armato Los Ramones ha aperto il fuoco contro gli oltre 150 sfollati della comunità di Santa Marta. Sette persone sono morte, mentre altre tre sono state gravemente ferite. Secondo i mezzi di informazione locale, inoltre, nell’ultimo anno e mezzo sono state registrate almeno 59 denunce di persone scomparse a Ajido Sinaloa e tra le comunità di Comalapa, dove oltre 1500 militari sono giunti per cercare di contenere le violenze.


I diritti delle popolazioni locali e indigene vengono così del tutto messi in secondo piano, a favore della realizzazione di progetti statali di sviluppo o della costruzione di infrastrutture militari. L’esercito messicano, aggiunge il report, “principale responsabile di vari crimini contro l’umanità nella storia recente del Messico”, gode di una pressoché illimitata capacità d’azione in questo contesto.


“La guerra che hanno dichiarato contro i popoli originari, custodi della Madre Terra, ci obbliga ad agire in modo organizzato per fermare la crescente violenza” scrive l’EZLN nel suo comunicato, invitando le persone di tutto il mondo a manifestare nelle strade. Dovunque sia possibile, “in difesa della Vita”.



VALERIA CASOLARO

fonte: lindipendente.online - 8 giu. 2023



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QUESTO, IL COMUNICATO DIFFUSO DALL'EZLN nella sua interezza

Pronunciamiento nacional e internacional ante la agresión a la comunidad Moises Gandhi

 

Giugno 2023

 

Ai popoli del Messico e del mondo,

Alle persone, alle collettivitá e ai popoli che difendono la Vita.

A coloro che sentono l'urgenza di agire di fronte a un sud-est messicano in fiamme.

Oggi, in questo momento, il Messico è giunto ad un limite, un limite che sembra sempre lontano finché un proiettile esploso dall'alto non fa detonare la rabbia del Messico dal basso. Il compagno zapatista Jorge López Santiz è in bilico tra la vita e la morte a causa di un attacco paramilitare dell'Organización Regional de Cafeticultores de Ocosingo (ORCAO), la stessa organizzazione che da tempo sta attaccando e molestato le comunità zapatiste. Il Chiapas è sull'orlo di una guerra civile, con paramilitari e assassini al soldo di vari cartelli che si contendono i territori per i propri profitti, e i gruppi di autodifesa, con la complicità attiva o passiva del governo statale di Rutilio Escandón Cadenas e il governo federale di Andrés Manuel López Obrador.

 

L'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN), che ha mantenuto la pace e ha sviluppato un proprio progetto di autonomia nei suoi territori cercando di evitare scontri violenti con paramilitari e altre forze dello Stato messicano, viene costantemente molestato, attaccato e provocato. Dalla fine del XX secolo, e fino al giorno d'oggi, l'EZLN ha optato per la lotta politica pacifica e civile nonostante le sue comunità siano state attaccate con proiettili, i suoi raccolti incendiati e il suo bestiame avvelenato. Nonostante il fatto che, invece di investire il proprio lavoro nella guerra, lo abbiano speso nella costruzione di ospedali, scuole e governi autonomi di cui hanno beneficiato zapatisti e non zapatisti, i governi, da Carlos Salinas a López Obrador, hanno sempre tentato di isolarli, delegittimarli e sterminarli. Oggi, a pochi mesi dal 40° anniversario dell'EZLN, l'attacco paramilitare contro gli zapatisti da parte dell'ORCAO ha come conseguenza che la vita di un uomo sia appesa a un filo, così come é al sul punto di esplodere un Messico che non può più sopportare la pressione che subisce nei confronti della propria dignità o la guerra contro le sue comunità e nei suoi territori.

 

L'attacco dell'ORCAO non è un conflitto tra comunità, come lo avrebbe definito Carlos Salinas e, come López Obrador cercherà sicuramente di dipingerlo. Si tratta di un atto la cui responsabilità diretta é tanto del governo del Chiapas quanto del governo federale. Il primo per aver coperto la crescita di gruppi criminali che hanno trasformato il Chiapas, da uno stato di relativa tranquillità, in una zona rossa di violenza. Il secondo per essere rimasto in silenzio e passivo di fronte all'evidente situazione in cui si trova il sud-est del paese. Perché l'ORCAO attacca le comunità zapatiste? Perché puó. Perché lo permette il governo di Rutilio Escandón? Perché, nel Chiapas di cui sopra, governare significa bagnarsi di sangue indigeno. Perché López Obrador tace? Perché il governatore del Chiapas è cognato del suo caro e fedele Ministro degli Interni, Adán Augusto López; perché come i suoi predecessori non può sopportare che un gruppo di ribelli sia il punto di riferimento per la speranza e la dignità; perché ha bisogno di giustificare un'azione militare per "ripulire" il sud-est e poter finalmente imporre i suoi megaprogetti.

 

Allo stesso modo crediamo che questo attacco sia il risultato delle politiche sociali del governo attuale per dividere e corrompere, distruggendo il tessuto sociale delle comunità e dei popoli messicani,in particolare del Chiapas. Vediamo con preoccupazione che programmi come "Sembrado Vida" (che si caratterizza per avere praticamente lo stesso budget del Ministero Federale dell'agricoltura) e altri simili, stiano incoraggiando lo scontro tra comunità storicamente espropriate delle loro terre e dei loro diritti, giacché vengono utilizzati come meccanismi di controllo politico e come merce di scambio affinché le organizzazioni come la ORCAO possano ottenere l'accesso ai presunti benefici che questi programmi forniscono, il cui prezzo è il furto delle terre autonome zapatiste recuperate. Per noi è chiaro che non si tratta di conflitti tra villaggi; si tratta di un'azione di controinsurrezione che mira a distruggerli, a distruggere l'EZLN e tutte le comunità e i popoli che continuano a lottare per una vita dignitosa.

 

Firmiamo questa lettera per chiedere a noi stessi e a coloro che credono che la dignità e la parola devono sollevarsi per fermare il massacro che si sta profilando; per chiamare a raccolta coloro che sono d'accordo con l'attuale governo, ad aprire i loro cuori alle ingiustizie che stanno sommergendo il presente di questo Paese, aldilà delle loro affinità o simpatie politiche; affinché possiamo riconoscerci nella necessità di agire con l'obiettivo comune di fermare questa atrocità.

 

Firmiamo questa lettera perché vediamo l'urgenza di porre fine alla violenza paramilitare in Chiapas. Perché non farlo significa lasciare che il Messico sprofondi ancora di più in questa guerra infinita che lo sta distruggendo.

Chiediamo giustizia per Jorge López Santiz.

Chiediamo lo scioglimento assoluto dell'ORCAO.

Chiediamo un'indagine approfondita sul governo di Rutilio Escandón.

Chiediamo che il silenzio di López Obrador cessi di essere complice della violenza in Chiapas.

 

Facendo nostre le richieste presentate dal Congresso Nazionale Indigeno, chiediamo:

 

1. Che sia garantita la salute del compagno Jorge e che gli sia prestata tutta l'attenzione necessaria per il tempo necessario.

2. Che si fermi l'attacco armato contro la comunità "Moisés y Gandhi" e che si rispetti il suo territorio autonomo.

3. Che gli autori materiali e intellettuali di questi attacchi paramilitari siano puniti.

4. Che vengano smantellati i gruppi armati attraverso i quali la guerra contro le comunità

zapatiste è attiva e in crescita.

 

Chiediamo inoltre l'immediata liberazione di Manuel Gómez, base d'appoggio dell'EZLN, di cui non abbiamo dimenticato l'ingiusta detenzione.

Con il CNI, avvertiamo che la guerra che hanno dichiarato contro i popoli originari, custodi della Madre Terra, ci obbliga ad agire in modo organizzato per fermare la crescente violenza e per ristabilire il nostro legame e la nostra cura per la Vita. Invitiamo a manifestare nelle strade, nelle ambasciate e nei consolati, nei centri di studio e nei luoghi di lavoro, nelle reti sociali; dovunque sia possibile e imprescindibile, contro la violenza militare, paramilitare e del crimine organizzato e in difesa della Vita.

 

Ci invitiamo e vi invitiamo a unire le forze per tessere una giornata di azioni dislocate dal 27

maggio al 10 giugno con una azione coordinata nazionale e internazionale il giorno 8 giugno.

 

Che si fermi la guerra contro i popoli zapatisti.

Se toccano un@, toccano tutt@

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