🚧 LE MALETESTE 🚧
26 ago 2024
Le prime a farne le spese, come sempre, le donne. Il tutto favorito dall’assenza della comunità internazionale che ha abbandonato la popolazione civile afghana alla dittatura dei talebani - di SALVATORE TOSCANO e AMNESTY INTERNATIONAL
Afghanistan, la nuova stretta dei talebani su diritti delle donne, musica e arte
di Salvatore Toscano
A tre anni dal ritorno al potere in Afghanistan, i talebani hanno varato una nuova stretta sui diritti umani.
È stata infatti approvata una legge per “promuovere la virtù e prevenire il vizio” tra i cittadini, in un’interpretazione particolarmente restrittiva della Shari’a, ovvero l’insieme di regole dedotte dal Corano e dalla Sunna. Le più colpite dalla legge approvata dal leader supremo dei talebani Hibatullah Akhundzada sono ancora una volta le donne, che dal 2021 ad oggi hanno subito una drastica riduzione dei propri diritti.
La nuova disposizione considera la voce femminile una parte intima (awrah), o comunque “una fonte di tentazione”, e pertanto vieta alle donne di cantare, recitare o leggere ad alta voce in pubblico. Per lo stesso motivo è stato imposto l’obbligo di coprire il viso, che si aggiunge a quello relativo al corpo; al riguardo, i talebani hanno specificato che le donne non possono indossare indumenti attillati, sottili o corti. Chi non rispetta tali regole, o non è musulmana, dovrà essere allontanata dalle donne fedeli affinché queste ultime mantengano l’integrità morale.
Allo stesso tempo è considerato immorale, e dunque illegale, guardare il corpo o la faccia di uomini che non siano mahram, gli accompagnatori-parenti maschi. La stretta sui diritti riguarda anche l’uso e il funzionamento dei mezzi pubblici, il cui accesso sarà negato alle donne che non rispettano le disposizioni sul vestiario o sono prive di un mahram.
Conducenti e passeggeri dovranno poi pregare in orari stabiliti, mentre non sarà possibile suonare uno strumento visto che in Afghanistan la musica è stata bandita con l’arrivo dei talebani.
Nella maxi-legge elaborata dal Ministero per la Prevenzione dei vizi e la Promozione delle virtù vengono infatti ribaditi anche dei divieti in vigore, come quelli relativi ai rapporti omosessuali, all’adulterio o al consumo di droghe. A ciò si aggiunge l’obbligo per gli uomini di farsi crescere la barba, che soltanto pochi giorni fa è costato il lavoro a 281 membri delle forze dell’ordine, congedati perché non sono riusciti nell’intento.
A vegliare sull’applicazione delle – nuove e vecchie – norme saranno i muhtasibs, dei supervisori religiosi che grazie all’ultimo colpo di penna hanno acquisito funzioni giudiziarie ed esecutive. I muhtasibs si muovono infatti come i funzionari sul campo del Ministero per la Prevenzione dei vizi e la Promozione delle virtù, eseguendone le direttive. Potranno ammonire verbalmente, multare, arrestare o detenere le persone in Afghanistan per un massimo di tre giorni.
Come forma di punizione potranno poi confiscare i beni delle persone accusate di violare la nuova stretta repressiva elaborata dal Ministero per la Prevenzione dei vizi e la Promozione delle virtù, che sta scalando la gerarchia del potere talebano.
La maxi-legge è il sintomo dell’espansione che il Ministero sta vivendo nella sfera pubblica e privata degli afghani. Un’espansione “conquistata” a suon di intimidazioni e repressione, per quello che le Nazioni Unite hanno individuato come il maggior violatore dei diritti umani nel Paese.
I difensori dei diritti umani residenti in Afghanistan «hanno detto ad Amnesty International di aver perso autonomia in ogni aspetto della loro vita. Dopo tre anni di dominio dei talebani, la loro sensazione è di essere delle “non persone”, con limitate opportunità di lavorare e di dare il proprio contributo in ambito economico o culturale», scrive l’ONG nell’ultimo rapporto sull’Afghanistan, a distanza di tre anni dal ritorno al potere dei talebani. Un periodo di tempo che ha visto la drastica riduzione dei diritti umani, in particolare delle donne, che a poco a poco hanno rinunciato a vita privata, lavoro, scuola.
Il tutto favorito dall’assenza della comunità internazionale, che ha abbandonato la popolazione civile afghana a sé senza elaborare un piano chiaro e unitario nei confronti del regime talebano.
Fonte: lindipendente.online - 24 agosto 2024
Afghanistan: tre anni di governo dei talebani e l'inazione internazionale hanno lasciato la comunità afghana con poche speranze
di AMNESTY.ORG
La comunità afghana sta lottando contro tre anni di frustrazione irrisolta mentre le autorità de facto dei talebani commettono violazioni dei diritti umani e crimini di diritto internazionale contro il popolo afghano, in particolare donne e ragazze, nella più assoluta impunità, ha dichiarato oggi Amnesty International.
Nel corso di un'ampia consultazione con oltre 150 parti interessate, tra cui difensori dei diritti umani afghani, esponenti del mondo accademico, donne manifestanti e attiviste, giovani, rappresentanti della società civile e giornalisti, Amnesty International ha documentato le frustrazioni della comunità afghana nei confronti della risposta della comunità internazionale, nonché i timori e i suggerimenti per il futuro.
"Abbiamo parlato con persone che rappresentano una sezione trasversale della società afghana in tutto il mondo, che credono in modo schiacciante che la comunità internazionale abbia deluso il popolo afghano. Non solo non sono riusciti a ritenere i talebani responsabili dei crimini e delle violazioni dei diritti umani, ma non sono nemmeno riusciti a elaborare una direzione strategica per prevenire ulteriori danni", ha affermato Samira Hamidi, responsabile regionale per l'Asia meridionale di Amnesty International.
A tre anni di distanza, l'assoluta assenza di misure concrete per affrontare la catastrofe dei diritti umani in Afghanistan è fonte di vergogna per il mondo.Samira Hamidi, responsabile regionale per l'Asia meridionale di Amnesty International.
“Tre anni dopo, l’assoluta assenza di misure concrete per affrontare la catastrofe dei diritti umani in Afghanistan è fonte di vergogna per il mondo”.
Le consultazioni sono state condotte con persone in 21 province dell'Afghanistan e con persone in esilio in dieci paesi del mondo, tra cui Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Francia, Belgio, Spagna, Svizzera, Italia, Canada e Pakistan.
Diritti delle donne e delle ragazze
Oltre venti donne afghane impegnate nella difesa dei diritti umani (WHRD) che vivono in 21 province dell'Afghanistan hanno dichiarato ad Amnesty International di aver perso la capacità di agire in ogni aspetto della loro vita. Le donne con cui abbiamo parlato erano impiegate in diversi settori, tra cui diritto, politica, giornalismo, istruzione e sport. Dopo tre anni sotto il governo dei talebani, tutte hanno riecheggiato la sensazione di essere "nessuno" con limitate opportunità di impiego e contributo economico o culturale.
Razia, una WHRD della provincia di Kunduz in Afghanistan, ha affermato: "alle donne che hanno perso la loro autonomia, il loro lavoro e il loro status economico viene detto che se lo meritano e che il ritorno dei talebani è un passo positivo per zittire coloro che predicavano l'adulterio in nome dei diritti umani e dei diritti delle donne".
I talebani hanno respinto le accuse di persecuzione di genere sostenendo di rispettare la Sharia (legge islamica) e la "cultura afghana". Tutti i decreti e le politiche restrittive e repressive che erano stati apparentemente introdotti come misure temporanee per garantire la sicurezza delle persone, in particolare delle donne e delle ragazze, all'inizio del loro governo, sono ancora in vigore dopo tre anni.
"Ci è stato detto che i talebani sono cambiati. Ci è stato detto di non [rovinare] gli sforzi di pace. Ci è stato detto che il mondo ci sosterrà. [eppure] oggi viviamo le nostre miserie da soli", ha detto Nazifa, un'insegnante nella provincia di Mazar-e-sharif in Afghanistan.
Giustizia e responsabilità
Il sistema giudiziario formale e legale in Afghanistan è crollato dopo il ritorno al potere dei talebani e, nel novembre 2022, il leader supremo dei talebani ha emesso un ordine obbligatorio per la piena attuazione della legge della Sharia in Afghanistan.
"I talebani hanno annunciato che non c'è bisogno della partecipazione di avvocati durante i processi. Non credono nei sistemi giudiziari ma si affidano pesantemente alla loro interpretazione della legge della Shariah guidata da studiosi religiosi delle Madrase (scuole islamiche) senza alcuna formazione giuridica formale", ha affermato Ahmad Ahmadi, un ex avvocato che ora vive in esilio in Europa.
Vari rappresentanti della società civile hanno parlato del ritorno delle punizioni corporali in Afghanistan, tra cui la fustigazione pubblica, l'esecuzione pubblica, il taglio degli arti, la lapidazione e altre forme di maltrattamento e tortura che violano il diritto internazionale. L'assenza di processi equi o di accesso a rimedi legali rimane sottostimata.
La riduzione dello spazio civico
L'Afghanistan ha ora una società civile in declino in cui i difensori dei diritti umani, tra cui le donne manifestanti, le organizzazioni di base, i giornalisti e gli attivisti politici sono percepiti come nemici dai talebani. Coloro che protestano sono sottoposti a sparizioni forzate, detenzioni arbitrarie, imprigionamento, tortura e altri maltrattamenti. Molti sono stati costretti a fuggire dal paese temendo rappresaglie, lasciandosi alle spalle famiglie e lavori. Centinaia di loro rimangono bloccati in Iran, Pakistan e Turchia, dove stanno affrontando sfide legali e finanziarie e sono persino esposti a deportazioni forzate.
La comunità afghana per i diritti umani ha condiviso di essere esclusa non solo dai talebani, ma anche dalla comunità internazionale. "Quelli di noi in Afghanistan non sono invitati a discussioni importanti perché sono considerate 'troppo rischiose'. Quelli di noi in esilio sono esclusi perché non viviamo in Afghanistan e quindi non sono considerati 'legittimi'", ha affermato Tabasoom Noori, un'attivista per i diritti delle donne che vive in esilio negli Stati Uniti.
Supporto Internazionale
I difensori dei diritti umani che hanno parlato con Amnesty International ritengono che la gravità della crisi dei diritti umani in Afghanistan sia in parte sminuita dalla retorica e dalla propaganda dei talebani secondo cui l'Afghanistan è ora "più sicuro", con un'economia in crescita e ai cittadini vengono riconosciuti rispetto e dignità in conformità con la Shariah (legge islamica) e la cultura.
In realtà, i talebani hanno creato un ambiente di paura e controllo assoluto. "Lo stesso gruppo che si faceva esplodere e uccideva civili e forze di sicurezza non lo fa più (perché è al potere), quindi ovviamente [l'Afghanistan] sarà al sicuro", ha detto Zarifa, una donna difensore dei diritti umani che vive in esilio negli Stati Uniti.
“Dopo tre anni, la frustrazione nella comunità afghana è palpabile. Dopo innumerevoli dichiarazioni e incontri, il mondo si sta ancora torcendo le mani mentre i talebani continuano a violare i diritti umani e ad annullare vent'anni di duro lavoro in ogni sfera della vita pubblica e privata.
"C'è bisogno che tutti gli attori che lavorano in Afghanistan si coordinino, trovino piattaforme sicure e creative per dibattere e impegnarsi nella discussione per trovare soluzioni efficaci a lungo termine. Ciò può essere reso possibile anche quando hanno vie, risorse e competenze per farlo. La comunità internazionale dovrebbe impegnarsi a sostenere questi passaggi, rispettare la moltitudine di voci della comunità e astenersi da un impegno senza principi con i talebani che si rivelerebbe solo dannoso per gli sforzi collettivi. Il momento per un'azione coordinata è adesso", ha affermato Samira Hamidi.
Fonte: amnesty.org - 15 agosto 2024