LE MALETESTE
19 nov 2025
Si rischia di indebolire l’azione educativa in carcere di associazioni, cooperative sociali, scuole, università. Vietare ogni scambio commerciale con gli insediamenti dei coloni israeliani nei Territori Palestinesi Occupati, compresa Gerusalemme Est- Firma anche tu - LIBERA
17 novembre 2025
Nuove restrizioni per le attività in carcere
La recente circolare del DAP centralizza le autorizzazioni e rischia di rallentare percorsi educativi e di reinserimento
Dal 21 ottobre organizzare un laboratorio o un evento in carcere è diventato più difficile.
Una nuova circolare del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria stabilisce infatti che, negli istituti con circuiti di Alta Sicurezza, 41-bis o destinati ai collaboratori di giustizia, ogni iniziativa educativa, culturale o ricreativa – anche se rivolta a detenuti di media sicurezza – debba essere autorizzata direttamente dal D.A.P. di Roma.
Fino a oggi era sufficiente il via libera del direttore dell’istituto o del provveditorato regionale, garantendo tempi più rapidi e un rapporto diretto con il territorio. Ora, invece, tutto passa dal livello centrale.
Questa scelta suscita forte preoccupazione, perché rischia di indebolire l’azione educativa di associazioni, cooperative sociali, scuole, università e realtà del terzo settore, che da anni operano negli istituti penitenziari con finalità di reinserimento.
L’aumento della burocrazia e la necessità di presentare richieste dettagliate con largo anticipo possono generare ritardi, cancellazioni e rinunce.
Un ulteriore elemento critico è il divieto che le attività siano “esternalizzate esclusivamente a soggetti terzi”. Una formulazione che rischia, di fatto, di escludere volontariato e associazionismo: proprio quei soggetti che l’articolo 17 dell’ordinamento penitenziario (legge 354/1975) riconosce come parte essenziale del percorso rieducativo.
L’esperienza di Libera in questo ambito – delicato ma fondamentale – mostra un rischio concreto: limitare l’accesso della società civileagli istituti. Una scelta che potrebbe rendere più difficile la collaborazione con le realtà educative e culturali, indebolendo quello che rimane l’unico vero argine contro la recidiva e la disumanizzazione del carcere: la relazione.
Nella piattaforma “Fame di Verità e Giustizia” abbiamo ribadito con forza che la pena deve conservare il suo carattere rieducativo e inclusivo, come stabilito dall’articolo 27 della Costituzione.
Rieducare significa offrire opportunità di formazione, lavoro, cultura e relazione; costruire percorsi di responsabilità e consapevolezza; mantenere aperto un varco verso la comunità esterna, affinché la società sia parte attiva del reinserimento e non semplice spettatrice della condanna.
Siamo convinti che la sicurezza non si costruisca isolando, ma accompagnando. E che per farlo servano fiducia, apertura, partecipazione. Al contrario, l’irrigidimento delle procedure rischia di produrre ulteriori rallentamenti e chiusure.
Di fronte ai numeri drammatici dei suicidi in carcere e alle condizioni sempre più dure vissute dalle persone detenute e da chi vi lavora, ribadiamo la necessità di investimenti infrastrutturali e culturali, affinché il periodo di detenzione possa trasformarsi in un laboratorio di umanità e ricerca di giustizia.
Solo così potremo dire, con coerenza, di vivere in un Paese che misura la propria civiltà guardando alle sue carceri.
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11 novembre 2025
STOP AL COMMERCIO CON GLI INSEDIAMENTI ILLEGALI
Aderiamo alla campagna lanciata da Oxfam per chiedere a Italia, UE e Regno Unito di porre fine al commercio con gli insediamenti israeliani illegali in Cisgiordania.
Oxfam, in alleanza con decine di organizzazioni umanitarie e della società civile - tra cui Libera - lancia oggi la campagna “Stop al commercio con gli insediamenti illegali”, un appello urgente a Italia, Unione Europea e Regno Unito per vietare ogni scambio commerciale, investimento e fornitura di servizi con gli insediamenti dei coloni israeliani nei Territori Palestinesi Occupati, compresa Gerusalemme Est.
Un’economia strangolata dall’occupazione
Secondo il nuovo rapporto diffuso da Oxfam, l’occupazione israeliana della Cisgiordania costa ogni anno miliardi di dollari all’economia palestinese. Negli ultimi due anni, la povertà è passata dal 12% al 28%, mentre la disoccupazione ha raggiunto il 35%, raddoppiando dopo ottobre 2023.
Oggi oltre il 42% della Cisgiordania è occupata dagli insediamenti israeliani. Solo nel 2023 il governo israeliano ha autorizzato più di 30.000 nuove unità abitative, con una crescita del 180% negli ultimi cinque anni.
Le conseguenze per le comunità palestinesi sono devastanti:
Espropri di terre, demolizioni e sfollamenti forzati sempre più frequenti.
900 checkpoint che rendono gli spostamenti lunghi, costosi e pericolosi.
30% del territorio ormai inaccessibile ai palestinesi.
Una perdita salariale stimata in 16,8 milioni di dollari al mese per le ore di lavoro perse ai posti di blocco.
Le donne sono tra le più colpite: oltre 6.500 lavorano negli insediamenti illegali israeliani, spesso senza contratto né tutele, per meno di 20 dollari al giorno.
L’Unione Europea deve agire
L’UE è oggi il principale partner commerciale di Israele, con un volume di scambi di oltre 42 miliardi di euro nel 2024. Solo l’Italia importa beni e servizi per più di 1 miliardo di euro all’anno.
Tuttavia, le politiche europee sull’etichettatura dei prodotti provenienti dagli insediamenti sono incoerenti e facilmente aggirabili, consentendo la vendita di prodotti “Made in Israel” che in realtà provengono dai Territori Occupati.
Le organizzazioni promotrici chiedono all’UE e al Governo italiano di:
Vietare il commercio con gli insediamenti illegali.
Richiedere agli esportatori israeliani di dimostrare l’origine lecita delle merci.
Bloccare gli investimenti e i finanziamenti verso imprese coinvolte.
Sospendere l’Accordo di Associazione UE-Israele finché non saranno rispettate le clausole sui diritti umani.
Tra le realtà italiane che aderiscono alla campagna:ACLI, ACS NGO, Amnesty International Italia, AOI, ARCI, CISS, CNCA, COSPE, CRIC, Emmaus, Fondazione Finanza Etica, Fondazione Gruppo Abele, Libera, Movimento Giustizia e Pace in Medio Oriente, Pax Christi, Rete HUMUS, Rete Italiana Pace e Disarmo, Un Ponte Per, Vento di Terra.
Firma l’appello
Fonte: LIBERA (libera.it) - 11 e 17 nov. 2025
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