Arti circensi, musica, teatro, danza, illusionismo.
Il Circo Paniko è una delle prime e più numerose compagnie di circo contemporaneo sorte in Italia; nasce nel 2009 e si autodefinisce Collettivo Nomade. Il perché è facile da spiegare: il Circo Paniko si sviluppa privo di strutture gerarchiche, ha un’organizzazione interna orizzontale basata sul confronto, la delega e la decisione condivisa.
Musica dal vivo, performance acrobatica e potenza attoriale sono espressione corali della “fanfara gitana” che si agita sotto il tendone, trascinando lo spettatore in mondi paralleli. Il Circo Paniko non riconosce i confini politici e ideologici, l’auto-sostentamento per mezzo del gradimento del pubblico è il motore propulsivo fondamentale di questo progetto.
Il biglietto, sostengono, non deve essere una barriera: l’ingresso è libero e l’uscita a offerta.
«Sicuramente il cliché e l’immagine che più ci appartiene è quella del mondo “gipsy”, siamo un collettivo numeroso composto da tante famiglie e da tanti individui, e l’immagine dell’accampamento ogni volta porta con sé il mondo gitano alle sue spalle».
«In vari modi il pubblico ci scalda il cuore, dalle volte in cui ci regala vere e proprie standing ovation, in cui tutti si alzano, e in cui a quel punto noi ci sediamo, alle numerose volte in cui le persone ci portano in accampamento doni e regali (vino, prodotti locali, dolci fatti in casa), per passare un momento di scambio assieme aldilà dello spettacolo. Spesso ci capita anche di ricevere messaggi bellissimi di persone rimaste affascinate dal nostro mondo, e che ci riempiono il cuore di gioia e orgoglio per ciò che facciamo».
Il Circo Paniko è nato circa dodici anni fa, dall’incontro di una serie di artisti e amici che hanno fatto un viaggio, chiamato "da Capitini a Gandhi", organizzato da un’associazione di Perugia, al quale aderirono vari artisti tra cui anche sette persone che poi fondarono il Circo Paniko. Quindi fu un viaggio che collegò virtualmente Perugia a Nuova Delhi; partirono con un pullman che poi si ruppe in Turchia e da lì continuarono con i propri mezzi, a piedi o con l’autostop fino all’India. Al ritorno da quell’esperienza i fondatori del circo presero una strada comune, cominciando a creare i primi “atti panici”, e pochi mesi dopo passò davanti a loro un tendone giallo e blu.
«Siamo diventati fin da subito un collettivo; dopo i primi tre anni quasi tutti i fondatori hanno preso altre strade, anche se qualcuno ancora invece resiste.
Questa è una delle cose più belle di questo circo: non c’è un padrone, ci sono persone più o meno responsabili e ci sono ruoli più o meno importanti, ma è comunque una massa di gente, di artisti, di musicisti, di attori che vanno e vengono; insomma un collettivo aperto.»
«Le persone che ruotano intorno al collettivo sono più di venti, quelle che poi portiamo in giro, sia per esigenze economiche e logistiche, sia per esigenze sceniche, sono ridotte. Non giriamo mai in più di dodici o tredici persone alla volta.»
«Negli ultimi anni si sono formati per esperienze, competenze e voglia di fare, dei diversi gruppi di lavoro: c’è chi segue più la burocrazia, chi più la parte tecnica, chi fa il meccanico o si occupa di scenografie. La maggior parte delle mansioni le svolgiamo tutti insieme, ma ci sono cose un po’ più specifiche e quindi abbiamo comunque dei tecnici delle luci e del suono, degli esperti che ci seguono sui bandi, un commercialista, un grafico, un ingegnere che collabora con noi in maniera continuativa.»
«Portiamo una bella bomba, circo contemporaneo molto più incentrato su musica (che portiamo dal vivo) e teatro, piuttosto che sul lato circense e acrobatico. Ovviamente c’è anche quella parte, ci sono tecniche alte, ma sempre utilizzate al servizio dell’arte che vogliamo portare.»
«Spesso lo valorizzi un luogo, perché si monta magari in piazze, parcheggi e parchi anche secondari, e magicamente trasformi quel posto. A Sassari per esempio prima di montare abbiamo ripulito tutto il parcheggio che era pieno di siringhe, e la gente ha riconquistato quel luogo. Era un quartiere molto multietnico, c’era la comunità rom, la comunità pakistana, la comunità sudafricana e la Sassari bene, con la signora con i tacchi e la borsetta. Persone che in strada non avrebbero mai avuto un contatto. E invece al circo, con l’ingresso libero, vedi tutti seduti a fianco, tutti a ridere della stessa cosa e si creano così unioni di diversi mondi, che pensiamo sia la cosa più importante.
Avviene una trasformazione, sia in noi, sia nei luoghi e nelle persone che fanno i luoghi.»
(Sullo spettacolo PANIKOMMEDIA). «L’idea parte dal voler rappresentare il viaggio dantesco attraverso una discesa in un condominio, con un ascensore che scende e basta. Nell’idea iniziale c’era Virgilio, l’ascensorista con la sua divisa classica, che accompagnava il Sommo sempre più giù verso la fatidica riunione condominiale che si trovava al piano terra, dove Monica Rois rappresentava l’amministratore condominiale che personificava Satana. Ad ogni piano veniva rappresentato in modo comico e grottesco un vizio capitale, da un personaggio moderno e attuale.
Poi purtroppo abbiamo dovuto cambiare varie cose, perché l’artista che doveva interpretare Virgilio ha avuto un infortunio e quindi lo spettacolo è mutato e ha preso una piega molto più surrealista. Ad oggi è una buona accozzaglia sperimentale.»
«Ci teniamo molto noi alle feste, perché lo spettacolo è la punta dove si incontrano le persone mostrando la nostra arte, mentre invece la festa è proprio il convivio massimo, dove finalmente ci si unisce tutti.»
«Per quanto riguarda propriamente la musica, abbiamo osservato che ogni componente del Paniko collabora per la scelta dei pezzi e per la loro rielaborazione, senza che siano stabiliti dei ruoli statici e definiti: questo consente di avere una vastissima varietà di stili musicali. Nel caso specifico del Gran Cabaret portato a Cagliari tra dicembre 2018 e gennaio 2019, sono presenti, per citarne alcuni, brani funky, di musica greca, di marimba. Più in generale le scelte stilistiche scaturiscono e dipendono principalmente dagli strumenti musicali presenti per ogni specifico spettacolo. Una caratteristica del collettivo è quella di essere molto ampio: molteplici artisti gravitano attorno al tendone. A seconda del luogo in cui quest’ultimo si sposta si ha la possibilità di far nascere delle produzioni musicali diverse, perché più o meno numerosi e vari possono essere i musicisti chiamati in causa e, di conseguenza, gli strumenti musicali in azione.»
«Paniko racchiude in sé anche il concetto di clown musicale che unisce il mondo della musica a quello del teatro comico e che sperimenta le possibilità drammaturgiche degli strumenti musicali in funzione della comicità. Ciò rende la musica assoluta protagonista e non più relegata a mero accompagnamento: gli strumenti musicali diventano veri e propri partner del musicista/clown, il quale ne stravolge così la funzione originaria.»
Quello che era lo stile riconoscibile del Paniko, influenzato principalmente dai ritmi della cumbia e dello swing, è successivamente confluito nel progetto della Royal Circus Ostrica, orchestra composta da un numero variabile di musicisti, nata dalla fusione di più esperienze artistiche che uniscono musica balcanica, cumbia e swing. La Royal ha assistito a diverse modificazioni, sia per quanto riguarda la formazione sia nel nome, ma in principio nasceva semplicemente come orchestra del circo, che si staccava dalla tenda come unità a sé stante per portare la sua musica nei più disparati contesti con l’intento dichiarato di interpretare lo spirito del tempo e far ballare. Questa esperienza rientra perfettamente nel fenomeno, nato intorno al 2000, delle cosiddette fanfares de cirque che si esibiscono sotto il tendone così come in strada, tra le quali una delle più conosciute è la formazione Circa Tsuica che si definisce «formazione musicale che fa circo»
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