Telling My Son's Land è il documentario diretto e prodotto da Ilaria Jovine e Roberto Mariotti incentrato su Nancy Porsia, la giornalista freelance che più di tutti ha vissuto la Libia
Telling My Son’s Land : trama
Nancy Porsia, giovane giornalista freelance, si reca per la prima volta in Libia nel 2011, quattro giorni dopo la morte di Gheddafi. Trasferitasi definitivamente nel Paese, per un lungo periodo è l’unica giornalista internazionale a raccontare il travagliato processo di democratizzazione, diventando uno dei massimi esperti del paese nordafricano. A causa della pubblicazione di una scottante inchiesta sulla collusione della Guardia Costiera Libica con il traffico di migranti, incinta di un bimbo per metà libico, nel 2017 è costretta a lasciare il paese. Dopo tre anni, la terra di suo figlio continua a essere pericolosa per la sua sicurezza, ma lei non si arrende a rimanerne lontana.
Il ritratto di Nancy Porsia
È un ritratto affascinante e fondamentale quello di Ilaria Jovine e Roberto Mariotti su Nancy Porsia. Fondamentale perché il racconto della giornalista sugli anni passati in Libia, e sull’inchiesta del traffico di migranti, è minuzioso. Affascinante perché mostra una Donna fiera del ruolo di giornalista e che, forte della sua etica professionale, non si ferma davanti al pericolo. La Porsia, unica giornalista italiana rimasta nel territorio libico dopo il 2011, spiega come le ricostruzioni di quel mondo spesso non coincidano con la realtà. La Libia infatti ha una sua storia composta di diverse microstorie che possono essere conosciute solo sul campo.
“La consapevolezza del rischio è reale però non è il prisma attraverso il quale io prendo le mie decisioni. Altrimenti non sarebbe possibile prendere queste decisioni” – Nancy Porsia
Per il mondo libico, il 2015 è un anno che segna la degenerazione del conflitto. Sostenitrice della transizione del paese verso la democrazia, la Porsia rimane delusa nel vedere la decapitazione degli Egiziani Copti a Sirte. Per la prima volta, non riconosce il paese che l’ha accolta, né la comunità di appartenenza.
Improvvisamente diventa l’unica giornalista internazionale a rimanere sul posto. Dopo il cambio di regime, indossa il velo; la sua telecamera è spenta o aperta solo per le breaking news.
Sdada diventa territorio di scontri, e lì Porsia perde uno dei suoi migliori amici. La morte di Mohammed, conosciuto del 2011, la riconduce in una dimensione intima, umana, e la difficoltà del momento la porta a vivere solo per il lavoro, tanto da sentirsi quasi infastidita dalla bellezza del mondo europeo.
“La dimensione della guerra la respiri soprattutto nelle retrovie”
Nel 2017 pubblica l’inchiesta sul traffico dei migranti. Quando torna in Italia, incinta, le viene tolto il visto per la Libia e nel 2019, nonostante abbia riottenuto il documento, la polizia libica le spiega di non poter garantire la sua sicurezza. Il giornalismo freelance non le consente una continuità lavorativa, né una protezione. A tutto ciò si sono aggiunte le minacce alla famiglia, sia italiane sia libiche, che l’hanno condotta a un distacco da quel paese tanto amato, ma che non riconosce più.
Maxen, figlio di Nancy e Younes, è nato a Matera, ma il contatto con la Libia è vivo grazie al padre che gli insegna la lingua araba e che, ogni giorno, gli parla di quella terra.
Telling My Son’s Land : la narrazione
La narrazione del documentario è attenta e si avvale dei preziosi filmati della stessa giornalista. La Porsia, che non ha mai smesso di lavorare, neanche a distanza o incinta, emerge come una persona schietta, diretta, e, soprattutto, appassionata e preparata. Una professionista che non cede alle ambizioni e non smette di professare la verità osservata con i suoi occhi.
Ai racconti di guerra si alternano quelli della gravidanza e della maternità. È stato fondamentale l’incontro nelle carceri con le vedove di guerra che l’hanno condotta a domandarsi se scegliere di parlare di maternità o viverla. Mettendosi in gioco, trovando la consapevolezza di essere madre, Porsia e il suo compagno sono rientrati in Italia, a Matera, durante la gravidanza. Riflettendo sull’attesa di un figlio, la Porsia spiega quanto sia uno stravolgimento paragonabile alla morte. La morte, come il momento più vicino al mettere qualcuno al mondo, a dare la vita. Un’esperienza fortissima che condizionerà la sua vita da giornalista, perché vedrà il mondo con più sentimento e affetto.
Telling My Son’s Land è l’espressione di un credo, quello di Nancy Porsia verso la Libia che porta nel cuore. Un luogo che ha visto dal di dentro e che le ha dato, in più, la consapevolezza di essere madre.
SIMONA GRISOLIA - taxidrivers.it
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