Uscito un minuto prima della pandemia, ad inizio 2020, Ubuntu è rimasto in un cassetto per alcuni mesi, finché l’incontro con Pressenza ha permesso di farlo conoscere a un pubblico ben più vasto di quello della comunità locale interessata dagli eventi.
Nasce da una collaborazione tra gli autori (Matteo Morandini, Giacomo Amalfitano e Daniele Palmi), l’ideatore del Laboratorio aperto di cittadinanza attiva di Poggio alla Croce, Andreas Formiconi, e Pressenza, che ha portato alla sottotitolazione del documentario nelle principali lingue del mondo per facilitarne una sua più ampia diffusione a livello internazionale.
Uno degli obiettivi che ci siamo dati fin dall’inizio è stato quello di raccontare una storia che, narrando di vicende locali, contenesse un messaggio universale. Il punto di partenza è stato il concetto di “ubuntu”, filosofia africana efficacemente spiegata da Nelson Mandela: “il senso profondo dell’essere umani solo attraverso l’umanità degli altri; se concluderemo qualcosa al mondo sarà grazie al lavoro e alla realizzazione degli altri”.
La sfida è stata proprio quella di raccontare come la presenza dei migranti in una comunità abbia dato il via ad una serie di eventi che hanno tirato fuori il meglio (ma anche il peggio) dalle persone. E di mostrare come in queste situazioni spesso i “deboli“ siamo noi, con le nostre paure, con le nostre barriere, con la pancia che soverchia il cuore. Per alcuni c’è stato un percorso di grande cambiamento e di scoperta di nuovi scenari nella propria vita, un percorso vero di rigenerazione umana.
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