Forze Armate
F-35: l’Italia verso l’acquisto di 25 nuovi velivoli
di Fabrizio Scarinci
Redazione Report Difesa, pubblicato il 18 Settembre 2024
ROMA. L’Italia ha scelto di acquistare 25 caccia F-35 in più rispetto ai 90 previsti fino a qualche tempo fa.
Stando a quanto si è avuto modo di apprendere dal Documento Programmatico Pluriennale 2024-2026, il costo dell’operazione dovrebbe aggirarsi intorno ai 7 miliardi di euro, che dovrebbero includere anche i motori, gli equipaggiamenti e il supporto logistico.
Quanto ai velivoli, si tratterebbe di 15 F-35A a decollo convenzionale (il cui numero complessivo salirebbe quindi a 75) e di 10 F-35B a decollo corto/atterraggio verticale (il cui numero salirebbe a 40).
Degli F-35B, 5 dovrebbero andare all’AM e 5 alla Marina Militare, rendendo quindi possibile, per entrambe le Forze Armate, disporre di una flotta di 20 di questi velivoli.
Allo stesso tempo, si prevede anche di avviare i lavori necessari a far sì che la nuova portaeromobili Trieste possa presto operare con i Lightning.
Tali operazioni, si inseriscono, come noto, nel più ampio processo di potenziamento militare intrapreso dal nostro Paese a seguito del rapido deterioramento del contesto internazionale; lo stesso che, sempre stando in campo aeronautico, ha finora portato, tra le altre cose, anche all’acquisto di 24 nuovi Typhoon e di 5 ulteriori M-346 per le esigenze addestrative dell’AM (la cui acquisizione è stata stabilita più o meno insieme a quella dei 15 velivoli dello stesso tipo destinati alla PAN).
Fonte: reportdifesa.it - 18 settembre 2024
L'Italia spenderà altri 7 miliardi di euro per acquistare caccia F-35
di Valeria Casolaro
18 Settembre 2024 - 13:59
È stato presentato in Parlamento il nuovo Documento programmatico della Difesa (DPP), che prevede lo stanziamento, per il 2024, di 32,3 miliardi di euro. Si registra così un aumento del budget complessivo per il settore di 1,6 miliardi rispetto al 2023, quando la spesa era di 30,7 miliardi. A pesare sul bilancio è, in particolare, l’acquisto di ulteriori 25 caccia F-35, per una spesa complessiva di 7 miliardi entro il 2035. Nel documento viene specificato che quest’ultima spesa, non prevista nel Documento programmatico per il triennio 2023-2025, si è resa necessaria «in considerazione del mutato scenario geopolitico e dei potenziali risvolti operativi». L’acquisto segue quello di 24 caccia Eurofighter Typhoon, autorizzato dal governo lo scorso luglio, per una spesa, anche in quel caso, di 7 miliardi di euro. Nel frattempo, a Roma si è svolta la seconda Conferenza sulla Difesa Aerea Europea, focalizzata sulle nuove minacce aeree derivanti dai conflitti attuali e partecipata dai principali attori dell’industria militare europea.
Stando a quanto riportato nel Documento Programmatico Pluriennale per la Difesa per il Triennio 2024-2026, l’Italia dovrebbe quindi procedere con l’acquisto, nello specifico, di 15 F-35A a decollo convenzionale (portando così il totale a 75) e 10 F-35B a decollo e atterraggio verticale (portando a 40 il numero di velivoli di questo tipo a disposizione). Nella spesa sono previsti anche i relativi motori, equipaggiamenti, aggiornamenti periodici e supporti logistici «fino a prevedibilmente il 2035». La spesa prevede, inoltre, la finalizzazione dell’adeguamento della nave Trieste, perchè possa così operare con i nuovi velivoli, e l’adeguamento infrastrutturale della stazione aeromobili di Grottaglie.
La flotta di F-35 arriva così a contare 115 velivoli, dai 90 già a disposizione. Una cifra ancora non corrispondente all’obiettivo di arrivare a contare 131 velivoli, autorizzato dal Parlamento nel 2009 (e «ancora corrispondente all’esigenza operativa delle Forze Armate»), ma che vi si avvicina sempre più. Considerate le spese già effettuate negli anni (oltre 7 miliardi nel 2021 e oltre 11 nel 2022), la spesa totale per le casse dello Stato raggiunge quindi i 25 miliardi di euro.
Il Bilancio Integrato della Difesa è cresciuto negli anni, anche se in maniera non costante, arrivando a contare per il 2024 circa 32,3 miliardi di euro, con un aumento di 1,6 miliardi rispetto ai 30,7 del 2023. Si tratta, scrive il governo nel nuovo DPP, è un andamento necessario «per affrontare le nuove sfide e per rispettare gli impegni assunti in ambito NATO», essendo l’Italia ancora lontana «dal conseguire una spesa per la Difesa pari al 2% del PIL entro il 2028», che oggi rappresenta «non più un obiettivo ma un requisito minimo». Una necessità sottolineata anche nel corso della Conferenza sulla Difesa Aerea e Missilistica Europea, organizzata dal ministero della Difesa e svoltasi ieri a Roma, alla quale hanno preso parte il ministro della Difesa Crosetto e l’omologo francese Sébastien Lecornu – oltre a vari leader politici, vertici militari e rappresentanti dell’industria delle armi europea. L’obiettivo primario dell’evento, riporta una nota del ministero, era «rafforzare la collaborazione, anche nel settore dell’industria della Difesa, al fine di sviluppare sistemi avanzati per fronteggiare le nuove minacce emergenti».
Fonte: lindipendente.online - 18 settembre 2024
Armi. Si potranno usare i nuovi F-35 per far funzionare i Pronto soccorso
di Alessandro Robecchi
18 settembre 2024
Forse per far funzionare i pronto soccorso presi d’assalto dagli italiani che non trovano il medico di base, si potranno usare i cacciabombardieri a decollo verticale F-35, quelli per cui i soldi si trovano, ci mancherebbe. E infatti dopo averne comprati 90 e aver accertato che non sono esattamente questo prodigio di tecnologia – e che costano in manutenzione come un paio di manovre finanziarie – ne acquistiamo un’altra ventina, anzi venticinque, come diceva Totò: fai vede’ che abbondiamo. Intanto viene in visita il premier laburista inglese Starmer, quel laburista che piace alla sedicente sinistra con l’elmetto armiamoci-e-partite, il quale parla con Giorgia Meloni, ma soprattutto con Leonardo, cioè il nostro pregiatissimo mercante e costruttore d’armi. Ci rassicura: il progetto Tempest, cioè un altro cacciabombardiere ancora più fico, va avanti. Meno male, ci stavamo preoccupando. Forse questi Tempest, una volta pronti, serviranno, che so, a distribuire dal cielo l’assegno unico, o la parità di salario tra uomini e donne, speriamo. Nel frattempo, aspettiamo i primi frutti degli otto miliardi che spenderemo in carri armati da qui al 2037, li compriamo in Germania, perché vai a sapere, magari aiuteranno la natalità che è un altro nostro problemino nazionale, niente aumenta la libido come sapere che hai un carrarmato in garage. Oppure daranno una mano ad alzare il potere d’acquisto degli italiani, che in Europa è superiore (di poco) solo a quello dei greci.
Insomma, da qualunque parte la vediamo c’è questa verità inconfutabile: un paese con le pezze al culo, in cui praticamente tutti gli indicatori sono in discesa, che festeggia una curva il salita: quella della spesa militare, per armamenti, per aggeggi mortalissimi e inquinantissimi.
Ora che la madre cristiana yo soy Giorgia è in cerca di venticinque miliardi come un cane da tartufo per far quadrare i conti, non c’è quasi nessuno (a leggere i giornali e a sentire i telegiornali proprio nessuno) che si alza a dire che quei soldi ci farebbero comodo per altre quisquilie, che so, la scuola, la sanità, il welfare, magari (sogno) un salario minimo, oppure (deliro) un reddito di sostegno ai poveri. La parola d’ordine è chiara: riempire gli arsenali e svuotare i granai.
La leggenda messa su per giustificare tutti questi bei soldini spesi per comprare armi è semplice semplice: Putin arriverà a Lisbona, dobbiamo difenderci, basta dipendere dagli Stati Uniti, viva l’Europa, eccetera eccetera. Europa che dunque, al momento, sembra aver fatto almeno due cose: una moneta, per cominciare, e molte armi nella fase attuale. Proprio quello di cui hanno voglia e bisogno gli europei, no? Non siamo solo noi, va detto. Nel mondo, nel 2023, la spesa per armamenti è arrivata a toccare la bellezza di 2.243 miliardi di dollari (di cui il 55 per cento Nato), il che significa che l’apparato industriale-tecnologico-militare è ormai troppo grosso per essere limitato. Cioè: l’intreccio della produzione e compravendita di armi è ormai un pilastro dell’economia, e se si cominciasse a fare una moratoria sulle armi, sulla ricerca militare, sui giocattolini che ci piacciono tanto, ci sarebbe una recessione che non pagherebbero i generali, o i ministri della diesa, o gli amministratori delegati di Leonardo, ovvio, ma la signora Pina che va a fare la spesa. Quindi serve più guerra, non meno, serve soffiare sul fuoco, non spegnerlo. Investire sulla distruzione, insomma. Su, pensateci mentre fate dodici ore di coda al pronto soccorso.
Fonte: alessandrorobecchi.it - 18 settembre 2024