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ITALIA / Carceri. Torture al minorile Beccaria, tra gli indagati don Rigoldi e don Burgio

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    LE MALETESTE
  • 24 ott
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L'accusa è di omessa denuncia, "consapevoli delle violenze"


MILANO, 23 ottobre 2025, 18:45

Redazione ANSA


Il cappellano e l'ex cappellano del carcere minorile Beccaria di Milano, l'istituto penale al centro di uno scandalo per presunte violenze e torture e luogo di ripetuti recenti disordini, risultano tra gli indagati dell'inchiesta aperta dalla Procura della Repubblica di Milano.


Don Gino Rigoldi, per mezzo secolo cappellano dell'istituto per minorenni e il successore, don Claudio Burgio, secondo quanto riporta oggi La Repubblica sono nell'elenco dei 51 indagati della maxi inchiesta: il reato ipotizzato è omessa denuncia.


I due sarebbero stati "consapevoli delle violenze, si legge nell'informativa di 900 pagine della Squadra mobile agli atti del fascicolo delle pm Rosaria Stagnaro e Cecilia Vassena.


Al centro delle indagini, tortura e botte sui detenuti: sono 33 i ragazzi che la procura vuole sentire davanti a un giudice, per cristallizzare i loro racconti. Tra gli indagati ci sono gli agenti accusati dei pestaggi ma anche ex direttrici del Beccaria, l'ex comandante, medici e infermieri che avrebbero visto, taciuto o coperto gli abusi. Nell'elenco anche i nomi omissati dei due sacerdoti, così come nascoste sono dieci pagine dell'informativa, segno che gli approfondimenti sono in corso".


- 23 ottobre 2025, h.18.45


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Inchiesta sulle violenze nel carcere minorile, indagati i preti Rigoldi e Burgio: “Sapevano”


di D.M.

24 ottobre 2025


Due indagati eccellenti, due don che hanno legato la propria storia al carcere minorile Beccaria. Sono don Gino Rigoldi e don Claudio Burgio, rispettivamente ex ed attuale cappellano dell’Ipm di Milano. Entrambi dal marzo scorso risultano iscritti nel registro degli indagati per l’ipotesi di omessa denuncia nella maxi indagine su torture, violenze e maltrattamenti ai […]



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Torture al Beccaria, i cappellani indagati per omissione


Don Rigoldi e don Burgio finiscono nell’inchiesta che da aprile ’24 ad oggi coinvolge 42 tra agenti, operatori e ex direttori dell’Ipm


24 ottobre 2025


E adesso, dopo mesi di indagini e numerosi arresti per i presunti pestaggi e le torture avvenute tra il novembre 2022 e (almeno) il marzo 2024 ai danni di 33 minorenni reclusi nel carcere minorile Cesare Beccaria di Milano, spuntano le intercettazioni. «Ma come, non sapeva niente, non ci credo».


«Ma no certo che non poteva non sapere. Sapevamo tutti e lui non sapeva niente?». Le operatrici parlano appena due giorni dopo la prima ondata di arresti che si è abbattuta sull’istituto nell’aprile 2024. E gli investigatori della Squadra mobile ascoltano. Il tutto finisce nel fascicolo da oltre 10 mila pagine che, da allora e in più tranche, ha permesso alle pm Rosaria Stagnaro e Cecilia Vassena di iscrivere sul registro degli indagati – finora – circa 42 persone (secondo La Repubblica sarebbero 51) a vario titolo tra agenti penitenziari, operatori, sanitari e dirigenti, tra cui anche due ex direttrici dell’Ipm milanese.


E se si tiene conto che, secondo i dati dello stesso Ministero di Giustizia, degli 82 agenti previsti in pianta organica al Beccaria ne mancano di fatto almeno una ventina, è chiaro che il dialogo tra le due responsabili del Servizio dipendenze, intercettato il 24 aprile 2024, potrebbe essere generalizzato a chiunque – o quasi – lavori nel carcere. Le due operatrici però parlano di due persone molto particolari, due insospettabili: Don Gino Rigoldi, lo storico cappellano dell’Istituto minorile e il suo successore don Claudio Burgio. Anche loro sono finiti nella maxi inchiesta che ipotizza perfino un reato a sfondo sessuale, indagati però soltanto per omessa denuncia.


«NOI NE AVEVAMO parlato, ne avevamo scritto alla Buccoliero, alla Menenti e al Comandante», dice un’intercettata facendo riferimento alle ex direttrici indagate per condotte omissive in quanto accusate di non aver impedito «le condotte reiterate violenti e umilianti». E un’altra operatrice: «Ti posso garantire che erano stati coinvolti lui, don Burgio, cioè son stati coinvolti».


IN PARTICOLARE, in una conversazione con Cosima Buccoliero, che era a capo del Beccaria fino al 2022 mentre al contempo ricopriva il ruolo di vicedirettore del carcere di Bollate, secondo l’informativa di 900 pagine della Squadra mobile agli atti del fascicolo dal 20 marzo scorso, Don Rigoldi avrebbe commentato: «Che il Cardinale (un agente indagato, ndr) picchiasse qualcuno si sapeva anche, ma che fosse questa roba qui e poi di connivenza perché lì gli agenti lo sapevano tutti sta roba qui». Gli inquirenti parlano di «consapevolezza delle violenze da parte dei sacerdoti».


E in un’altra occasione, il 26 aprile 2024, Rigoldi avrebbe detto ad una psicologa: «Vuol dire che forse con troppa leggerezza sono state prese le cose (…) in effetti chi è che andava a pensare una roba così sistematica». E ancora, poco prima, il 24 aprile 2024: «La Menenti ha visto uno mezzo massacrato con le manette, gli ha fatto togliere le manette poi l’ha mandato in infermeria, non è successo niente quindi eh… Quindi una roba così grave non è stata neanche denunciata, niente, è stata una roba che… forse c’è stata una spedizione punitiva per l’agente, ma forse neanche quello».

La direttrice ha visto uno mezzo massacrato con le manette, gli ha fatto togliere le manette poi l’ha mandato in infermeria,non è successo niente quindi ehDon Rigoldi intercettato

Secondo il cappellano, intercettato anche telefonicamente, un ex vicecomandante della polizia penitenziaria «copriva certe situazioni» e un agente era «un noto picchiatore». Mentre «una mia educatrice bravissima l’anno scorso è andata via sbattendo la porta, dando le dimissioni per questo motivo. Lei aveva visto delle cose». Finché un giorno Rigoldi sembra ammettere: «Io la vivo come il fatto di non aver capito il male (…) vorrei che tutti noi riflettessimo come mai non abbiamo visto niente».


IL 30 OTTOBRE prossimo davanti al Gip di Milano si terrà l’incidente probatorio al quale chiederà di partecipare anche l’associazione Antigone come parte offesa, in difesa di quanti, tra i ragazzi vittime dei pestaggi e delle torture, non hanno neppure un avvocato. Davanti al giudice la procura ascolterà le testimonianze dei 33 ragazzi vittime, tutti minorenni all’epoca dei fatti. L’inchiesta però sembra non avere ancora fine: la catena di comando è lunga e, come ha dimostrato il processo Cucchi, ci vuole tanto tempo – e magistrati coraggiosi – per abbattere il muro di omertà.


 
 

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