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ITALIA Estrema Destra. Parola d'ordine: Caccia allo straniero! "Vanno massacrati e mandati in coma" + VIDEO

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    LE MALETESTE
  • 4 ott
  • Tempo di lettura: 13 min

“Vanno massacrati e mandati in coma”: dalla Remigration agli Art. 52, l’estrema destra ordina la caccia allo straniero


L’inchiesta sotto copertura di Backstair svela la rete dell’odio anti-stranieri in Italia: dal Remigration Summit sostenuto dalla Lega ai pestaggi e alle chat segrete di Articolo 52, il gruppo xenofobo legato all’estrema destra e ai movimenti neofascisti



A cura di Backstair (unità investigativa di Fanpage.it)

di Luigi Scarano e Selena Frasson

PARTE 1 - 4 ottobre 2025, 11:05


Odiano gli stranieri, si riuniscono in squadracce per dare loro la caccia e organizzano vere e proprie spedizioni punitive per aggredire e malmenare il primo che gli capita sotto tiro. Giurano di volerli “accatastare tutti e dargli fuoco” dopo averli “massacrati” e “spaccati di botte anche a random”, e, per mostrare la violenza delle loro azioni, realizzano dei video che poi vengono diffusi sui social. Sono i membri di Articolo 52, il movimento xenofobo al centro della nuova video inchiesta sotto copertura realizzata da Backstair, l’unità investigativa di Fanpage.it.


Negli ultimi mesi le indagini condotte dalla Polizia di Stato tra le province di Milano, Pavia, Monza e Brianza e Como, hanno portato all’individuazione di nove cittadini italiani indagati, a vario titolo, per i reati di associazione per delinquere, costituita per realizzare aggressioni nei confronti di cittadini stranieri, e di istigazione a delinquere. Nella nostra ultima inchiesta, però, oltre a svelare alcuni dei protagonisti di questo movimento, mostriamo anche come l’odio nei confronti delle persone straniere non sia solo appannaggio dei più violenti, ma sia anche cavalcato da una piattaforma politica appoggiata dai principali partiti dell’ultradestra europea.



Remigration Summit: la Lega apre le porte all’estrema destra europea


Lo scorso 17 maggio, nel teatro Condominio di Gallarate, si è svolto il primo Remigration Summit, l'evento che ha richiamato in provincia di Varese l’internazionale dell’ultradestra favorevole ai rimpatri forzati degli immigrati. Tra gli organizzatori della conferenza c’era un volto emergente del sovranismo nostrano, Andrea Ballarati, ventitreenne che dopo una breve parentesi come militante di Casapound e Gioventù Nazionale ha fondato il movimento “Azione Cultura Tradizione”. Accanto a lui, l’estremista Martin Sellner, già a capo della sezione austriaca del Movimento identitario (Identitäre Bewegung Österreich), nonché il principale teorico della “remigrazione”, espulso più volte negli ultimi anni da Regno Unito, Svizzera e Stati Uniti per motivi di sicurezza.


Il Remigration Summit era stato preceduto da una grande attenzione mediatica, dall’annuncio di contromanifestazioni volte a contestare le teorie propagandate, e da una campagna di depistaggio condotta per evitare che il primo grande raduno sulla remigrazione potesse trovare opposizioni. Eppure, nonostante diversi problemi logistici dell’ultim’ora, la conferenza è stata non solo resa possibile, ma è stata anche celebrata come un grande successo.

Come mostrato nell’inchiesta di Backstair, però, il fatto che la manifestazione si sia tenuta a Gallarate, è stato tutt’altro che casuale.


A rendere possibile la sua realizzazione, infatti, sarebbe stato proprio il sindaco di Gallarate, il leghista Andrea Cassani che, dopo il rifiuto di molte strutture ad ospitare l’evento, avrebbe deciso di aprire ai remigrazionisti le porte della città. A confessarlo al nostro giornalista, sotto copertura come simpatizzante dell’estrema destra, è Massimiliano Ferrari, referente per i rapporti con i movimenti autonomisti della Lega Lombarda: “È un miracolo che lo abbiamo fatto, se non ci fosse stato il sindaco di Gallarate a dare l’ok, qua non si faceva un cazzo. Lui ha finito i suoi dieci anni e quindi si è divertito”. A confermare questa affermazione ci pensa poco dopo Alessandro Corbetta, consigliere regionale della Lega sempre in Lombardia: “Abbiamo cercato di dare una mano, poi fino a ieri depistavamo un po’ la stampa. Abbiamo cercato di fargli credere che fosse anche in provincia di Milano o in Piemonte.”


“Noi siamo tutti della Lega qua”, continua poi Corbetta, prima di farsi scattare una foto con i numerosi colleghi di partito. Infatti, anche se alla stampa gli esponenti della Lega hanno sostenuto di essersi presentati come semplici curiosi e sostenitori della libertà di pensiero, la loro presenza all’evento è stata tutt’altro che marginale. Gli europarlamentari Roberto Vannacci e Silvia Sardone hanno inviato agli organizzatori dei videomessaggi per sostenere l’iniziativa, mentre presenti alla convention c’erano personalità di spicco, come Stefano Pavesi, vice reponsabile organizzativo della Lega Lombarda, Davide Quadri, segretario della Lega Giovani, Alessandro Verri, capogruppo del Carroccio al consiglio comunale di Milano, e l’eurodeputata Isabella Tovaglieri.


In questo contesto i rappresentanti leghisti si intrattengono con figure rilevanti dell’estrema destra internazionale. Quando la avviciniamo, infatti, Tovaglieri è intenta a parlare con Jacky Eubanks, giovane politica repubblicana del Michigan ed ex collaboratrice dell’organizzazione pro-Trump Turning Point USA. Favorevole alla liberalizzazione delle armi e contraria all’aborto, ai matrimoni gay e all’uso dei contraccettivi, Eubanks è considerata uno dei nuovi volti dell’estrema destra cristiana nordamericana.

All’esterno del teatro, invece, Davide Quadri, il segretario della Lega Giovani, si intrattiene a parlare a lungo con Aurélien Verhassel, ex leader dei movimenti di estrema destra francesi Génération Identitaire e La Citadelle, sciolti dal governo transalpino rispettivamente nel 2021 e nel 2024 per incitamento all'odio, alla discriminazione e alla violenza su base etnica e religiosa.



Il sogno di un’Europa “bianca”: la violenza razzista che si organizza


Mentre sul palco della manifestazione si alternano interventi di esponenti di partiti e movimenti che propagandano l’idea che l’Europa sia “un continente naturalmente bianco”, e che sia necessaria una torsione a destra di tutti i Paesi per poter rimandare indietro gli immigrati, in platea il nostro giornalista sotto copertura fa la conoscenza di due tra i pochissimi militanti italiani presenti alla manifestazione.


“O si fa questo o in due generazioni siamo tutti negri qua, è pieno di negri dappertutto, è gente della giungla, sono primitivi.” A parlare è un giovane con un passato in Blocco Studentesco e che sostiene di essersi poi avvicinato ai leader del movimento eversivo Terza Posizione: “Se vuoi dare una lezione a quattro marocchini di merda devi sapere che poi rischi molto, non puoi fare le cose a metà o ti ci butti a capofitto davvero e pianifichi tutto, nel senso che la tua vita cambia radicalmente, oppure non iniziarlo.”, conclude.


Un altro militante di estrema destra, che si presenta come uno studente di medicina, sostiene che il suo motto sia “se li remigri non li devi curare”, e racconta di aver già fatto delle azioni contro gli immigrati: “Quando posso esco di notte a girare e faccio delle ronde solitarie. Giro con due spray al peperoncino, perché se ti viene addosso uno da sinistra e uno da destra ne devi avere due. E poi ho la cintura, con una bella fibbia di metallo, un po’ limata per tagliare. Gliela tiri, gli apri tutta la faccia, e chi se ne frega.”


Questi due non sono gli unici militanti presenti tra il pubblico pronti a passare all’azione. I più noti sono senza dubbio i membri di “Deport them Now”, movimento attivo in vari paesi europei, che si riuniscono con l’obiettivo dichiarato di promuovere l’espulsione di massa dei migranti . Tra questi, spicca il loro leader spagnolo, Christian Lupiáñez, presente in terza fila alla convention e che negli ultimi giorni è stato arrestato per incitamento all'odio, appartenenza a un'associazione illecita e possesso illegale di armi, perché ritenuto dalle autorità spagnole aizzatore della violenta “caccia al migrante” di Torre Pacheco.



Da TikTok alle ronde notturne: così siamo entrati in Articolo 52


Il fenomeno speculare a quello spagnolo è quello delle azioni degli Articolo 52, il gruppo attivo soprattutto nella provincia milanese che prende il nome dall’omonimo articolo del codice penale che prevede la legittima difesa. Per capire come nasce e chi alimenta l’odio che spinge queste persone ad agire, ci siamo infiltrati al suo interno e siamo riusciti a documentare i racconti, le relazioni e le modalità in cui pianificano le loro aggressioni.


Per avvicinare i responsabili del movimento, iniziamo a seguire alcuni degli account social più attivi sul tema anti immigrazione. È sufficiente inserire alcune parole chiave nella barra di ricerca per essere inondati da contenuti di questo tipo. I termini ricorrenti sono sempre gli stessi: onore, patria, pulizia. Così anche le emoji che li accompagnano: cuore nero, bandiera italiana e mano tesa.


Tra i più attivi nel contrasto ai maranza, il termine dispregiativo usato per etichettare gli immigrati di seconda generazione, c’è Ezio Codegoni, responsabile di Forza Nuova in Lombardia. Sui social i video di Codegoni collezionano anche centinaia di migliaia di visualizzazioni e nei più popolari compare spesso la scritta: “Articolo 52”. La retorica si ripete: la delinquenza ha reso invivibili le città e non è più sufficiente sfogarsi sui social, bisogna reagire.


Per questo il nostro giornalista si presenta a Codegoni come un giovane volenteroso, disposto a mettersi in gioco, e lui lo invita subito a prendere parte a una manifestazione a cui partecipa anche il leader nazionale del gruppo di estrema destra, il pluricondannato Roberto Fiore. Veniamo però invitati a partecipare alle iniziative anche di un altro gruppo, sempre coordinato da Codegoni, la costola milanese del Movimento Popolare Patrioti Italiani, diventato noto sui social per le loro ronde cosiddette “legali”.


La prima delle loro iniziative a cui partecipiamo, organizzata il 10 maggio a Milano, viene pubblicizzata come presidio “in difesa della sicurezza cittadina”. Durante questi incontri la tensione dei partecipanti è palpabile, la maggior parte di loro si guarda intorno con aria circospetta, infastidita dalla presenza delle Forze dell’Ordine perché, come ci dicono, “i criminali non siamo noi”. Nonostante questo, però, mentre chi parla al megafono attacca la politica che “tutela chi in Italia non dovrebbe starci” e urla slogan come “l’Italia è casa nostra e ci riprenderemo tutto”, c’è chi inizia a discutere di strategia.


Li seguiamo per capire di cosa parlano e come pianificano le loro mosse. Parlano sottovoce, ma con orgoglio, ci spiegano che “bisogna agire nell’ombra” e “mostrarsi deboli davanti alla Polizia”; alcuni elencano gli oggetti che bisognerebbe sempre portare con sé per non essere colti impreparati: manganelli, tirapugni e spray al peperoncino, ma quello per gli orsi, perché è più potente.


Fomentati dalla condivisione di questi pensieri, i partecipanti danno libero sfogo alle loro convinzioni e quella a cui assistiamo è una vera e propria escalation di violenza. “Non dico che voglio ammazzare qualcuno – afferma uno di loro – ma mandarlo in coma sì”; “Io se vedo un maranza lo scasso”; “Loro erano una quindicina, ma noi eravamo in trenta — racconta uno dei militanti presenti ricordando un’azione recente — li abbiamo circondati, abbiamo tirato fuori taser, manganelli e li abbiamo massacrati”; “Tanto se non li ammazzi non ti denunciano”.


È a questo punto che il nostro giornalista si rivolge direttamente a uno di loro per chiedere se c’è qualche collegamento tra le azioni di cui stanno parlando e il gruppo conosciuto come Articolo 52. Il legame è diretto, confessa l’interlocutore: “Prima non te lo volevo dire, ma io ne faccio parte”. Chi parla, infatti, è proprio uno dei membri più attivi del movimento e lo capiamo dopo che, lo stesso, decide di inserirci in una chat su Telegram chiamata “Scuola”. Qui i membri di Articolo 52  si danno appuntamento per organizzare di persona i sopralluoghi delle future azioni punitive, a cui si riferiscono con il linguaggio in codice “partite” e “campi da gioco”.


Ad accoglierci c’è un messaggio, scritto dal fondatore e amministratore del gruppo, che si fa chiamare “John Wick”, come il personaggio dell'omonimo franchise di film d’azione: “AVVISO IMPORTANTE: questo è il gruppo di Articolo 52, siete voluti entrare in questo gruppo per uno scopo e perché vi piace il modo di agire del vecchio gruppo. Quindi lo dico adesso, tutti quelli che non sono d'accordo dei modi di agire e per i rischi che ci sono possono abbandonare il gruppo adesso!”



Pestaggi, video e reclutamento: il metodo Articolo 52


Per testare i nuovi ingressi in questo movimento, il gruppo si riunisce nel parcheggio di un supermercato nella periferia di Milano. E qui, uno dei leader del gruppo, che si fa chiamare MT, detta le regole agli altri membri: “In questo gruppo noi comunque dobbiamo tenere un basso profilo cioè non è che si va in giro a dire: “Faccio ronde, sono di Articolo 52”. È come se gli avessimo dichiarato guerra. Gli stranieri sono sempre stati abituati al fatto che gli italiani stanno zitti, loro ora ci vedono come un piccolo pericolo, sono convinti che noi siamo tipo centinaia. Perché la cosa è stata ingigantita a livello mediatico, pensano che c’è un esercito e invece oltre al nostro gruppo ci sono altri gruppi in altre città. Noi prima eravamo di più, dopo la storia di San Siro molti si sono cacati in mano e sono usciti, è per questo che stiamo reclutando tanti nuovi.”


Le due azioni più note degli Articolo 52 risalgono agli scorsi 11 e 28 marzo, quando prima alla Darsena di Milano e poi in un parco in zona San Siro, i militanti del gruppo xenofobo si riprendevano in due video mentre, incappucciati e vestiti di nero, pestavano con pugni, calci e mazze due ragazzi stranieri. I membri di Articolo 52 con cui entriamo in contatto rivendicano quelle azioni e parlano nello specifico del video di San Siro con orgoglio, spiegando che “John Wick”, ovvero il loro leader, che era presente anche alle manifestazioni del gruppo dei Patrioti, era stato protagonista di quell’azione.


Così, in un incontro successivo, chiediamo proprio all'amministratore della chat conferma di questa affermazione: “Noi eravamo mi sembra 13 siamo arrivati al parco che avevamo studiato da un mese a questa parte. Quando siamo andati al parco abbiamo fatto “Ndo cojo cojo”, era pieno di telecamere” Per capire se esista un legame tra le azioni degli Articolo 52 e il movimento dei Patrioti, ci rivolgiamo così direttamente a Ezio Codegoni, ai cui eventi abbiamo conosciuto i componenti del gruppo xenofobo, e gli chiediamo se sia al corrente delle iniziative del gruppo. La sua risposta non lascia spazio ad alcun dubbio: “So tutto – ammette sottovoce durante una manifestazione pubblica di Forza Nuova – quelli mi mandano anche i video”. Poi però ci raccomanda di mantenere il silenzio soprattutto in quella circostanza: “Non parlare di queste cose, c’è la Digos”.





Dentro le chat di Articolo 52: “Qui comandano gli italiani, ai maranza bisogna sparare in testa”


L’inchiesta sotto copertura di Backstair svela le chat di Articolo 52, gruppo che organizza pestaggi contro stranieri nelle periferie milanesi. Si definiscono “milizia anticrimine”, ma dietro le ronde c’è un disegno criminale razzista e strutturato


A cura di Backstair (unità investigativa di Fanpage.it)

di Luigi Scarano e Selena Frasson

PARTE 2 - 4 ottobre 2025, 11:32


TikTok come megafono, Telegram come sala operativa. È attraverso queste piattaforme che si muove Articolo 52, il movimento che si definisce “milizia anticrimine e anti-maranza”, al centro di Caccia allo straniero, l’inchiesta sotto copertura di Backstair, l'unità investigativa di Fanpage.it. L’infiltrazione tra le loro fila di un giornalista sotto copertura ci ha permesso di entrare nel gruppo “ Scuola”, una delle chat interne del movimento.


In queste corrispondenze, gli affiliati, animati dal sentimento di odio contro le persone straniere, si vantano delle loro azioni passate, condividono i video delle rappresaglie e discutono della possibile organizzazione di future spedizioni punitive.



Le ronde della giustizia privata


“Noi siamo contro chi crea casino, che merita una durissima punizione. E contro chi non si integra, ovviamente vorremmo i musulmani nelle loro terre. Però non andiamo in giro a pestare stranieri a caso. Lo facciamo solo con chi se lo merita, tipo i maranza. Loro se lo meritano a prescindere.” 


Sono queste le linee guida del movimento, impartite da uno degli amministratori del gruppo che spiega come individuare i possibili obiettivi, tra cui i maranza, il termine dispregiativo usato per etichettare gli immigrati di seconda generazione. Sostengono di non colpire in modo indiscriminato, ma mirato, e i criteri di selezione delle vittime li spiegano con precisione nel gruppo Telegram in cui siamo stati invitati a entrare.


“Ho un piano per la prossima ronda” – esordisce uno dei membri più attivi nella chat – “andiamo in un parchetto dove ci sono sti spacciatori, va solo uno di noi a dire che hanno rotto il cazzo di creare degrado e che se ne devono andare, così li provoca e appena alzano le mani arriviamo noi e facciamo il culo a sti magrebini”.


Ci si muove in gruppo dunque, perché vale sempre la regola della superiorità numerica: bisogna essere almeno tre contro uno, ma meglio se il rapporto è più sproporzionato. Non ci si può tirare indietro e non sono ammesse persone che non siano disposte ad agire, chi si unisce al movimento “lo fa per amore della patria” e deve essere pronto a rischiare.


Le vittime devono “meritare la punizione” perciò prima di colpire bisogna provocare e accertarsi “che questi siano pronti a spacciare”. Non serve molto per accendere la miccia: “Al primo rompimento di cazzo fatto da qualche selvaggio si interviene” e da quel momento tutto diventa legittimo nel codice degli Articolo 52.



“Partite”, munizioni e “campi da gioco”


I membri del gruppo xenofobo si muovono di notte e lo fanno soprattutto nelle periferie: Corvetto, Rogoredo, Lambrate, ma prima di agire “i campi da gioco si studiano”, e per “giocare la partita” bisogna essere sicuri che a scendere in campo ci siano abbastanza “giocatori”: tutte parafrasi che servono per discutere del loro disegno criminoso senza risultare troppo espliciti.


Per questo motivo nelle chat vengono spesso pubblicati dei sondaggi, servono a verificare le disponibilità e a organizzare i sopralluoghi, perché la strategia da adottare va discussa di persona e i bersagli si possono individuare sui social: basta crearsi un profilo falso e iniziare a seguire chi “si veste da maranza, parla da maranza, ascolta musica da maranza”. Sono loro le vittime predestinate e il motivo dichiarato è che “i maranza sono cani randagi, non parlano italiano e non sono per niente integrati”, per cui “anche se li picchiamo non denunciano"


Dopo aver studiato le zone e gli orari in cui si muovono le persone che vogliono colpire, gli Articolo 52 condividono le foto delle loro vittime nella chat, in modo che tutti i partecipanti sappiano riconoscerle. “Eccola sta merda, non scappa, abbiamo studiato tutto: percorso, macchine e luogo d’azione”, commenta uno degli iscritti dopo aver inoltrato la foto di uno dei loro possibili bersagli. “Questo era da bombardare”, scrive un altro mandando il video di un ragazzo che si allena in un parco.


Non c’è limite alla violenza, nemmeno quando si discute delle armi da portare con sé, anzi “bisogna andare armati seri”. Alcuni si sono muniti di manganelli pieghevoli, tirapugni e chiavi inglesi perché sono oggetti che si possono infilare negli zaini e nascondere in fretta. E poi “se colpisci sul corpo non rischi di fare morti e non partono indagini serie”. Altri, però, non sono d'accordo. Vorrebbero fare di più, obiettano che “l’unico modo per dare un segnale serio è sparare in testa a queste persone, alla vecchia maniera, con il piombo”.


Esaltati dall’idea di “farsi giustizia da sé”, i membri di Articolo 52 hanno un’unica preoccupazione: hanno bisogno di essere considerati degli eroi, vogliono ricevere il consenso dell’opinione pubblica e poter accettare l’invito a trasmissioni in radio o in tv per andare a difendere con orgoglio il loro operato.



La catena della violenza


Nel periodo trascorso all’interno delle chat di Articolo 52, veniamo sommersi da messaggi d’odio: “Una volta ho sognato di prendere un maranza marocchino e riempirlo di botte ammanettato al palo della luce, dove qualcuno fa un video e gli facciamo supplicare di smetterla e gli facciamo dire che l’Italia è sovrana ed è degli italiani”, a questo messaggio così efferato si unisce il coro dei sostenitori che si dicono emozionati all’idea.


“Hanno trovato un ragazzo in fin di vita, legato alle mani e imbavagliato, un egiziano. Se facciamo qualcosa deve essere tipo così, roba grossa ragazzi”; “Andiamo un po’ e picchiamo delle scimmie da qualche parte”, “Io ho un amico gay che inculerebbe un marocchino mentre lo riprendiamo per umiliarlo ulteriormente”. 


Questi sono alcuni degli scambi che registriamo e di cui teniamo traccia, perché per essere sicuri di poter dare libero sfogo ai propri pensieri, senza il timore di essere scoperti, la chat si resetta ogni ventiquattro ore. Si compiacciono al pensiero che queste cose possano avvenire davvero, per questo la loro esaltazione è massima quando nel gruppo arriva il video del pestaggio avvenuto a San Siro: quella è la dimostrazione che non si tratta solo di parole.



IL VIDEO dell'inchiesta di FANPAGE.IT

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Fonti:

 
 

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