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ITALIA. Studenti a lezione di guerra, la normalizzazione della violenza

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    LE MALETESTE
  • 4 ore fa
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Tra la Val di Lambro e le colline di Colle Brianza la competizione militare internazionale con armi d’assalto Nato, mortai e pianificazione di attacchi a quartieri urbani. La base logistica è una scuola e gli studenti sono invitati a partecipare alla cerimonia finale. «Il coinvolgimento degli alunni nelle simulazioni belliche risponde a una strategia precisa»



di Giulio Cavalli editorialedomani.it

18 maggio 2025


Nel fine settimana del 23-25 maggio, tra i boschi del Parco della Valle del Lambro e le colline di Colle Brianza, si svolgerà “Italian Raid Commando”: una competizione militare internazionale per pattuglie da combattimento.

Non una rievocazione storica, né un’esercitazione interna.

L’evento, patrocinato dal Ministero della Difesa, dalla Regione Lombardia e dalle Province di Lecco e Monza e Brianza, è descritto dagli organizzatori come il più importante appuntamento europeo del settore.

Sul campo: armi d’assalto Nato, mortai, visori notturni, pianificazione di attacchi a quartieri urbani, richieste simulate di supporto d’artiglieria. Nel programma, anche la partecipazione di sessanta studenti alla cerimonia finale. E l’utilizzo di una scuola come base logistica.


Secondo quanto riportato da Unuci Lombardia, l’associazione organizzatrice, la scuola secondaria “Benedetto da Briosco” sarà impiegata come struttura di supporto alle operazioni, con conseguente sospensione delle attività didattiche. Anche se ad oggi nessuna comunicazione formale è stata diffusa ai genitori. A Monza, Piazza Trento e Trieste ospiterà il 25 maggio la cerimonia di chiusura, con spazi riservati agli studenti per assistere alle premiazioni.


A preoccupare però non è solo il realismo delle simulazioni ma la collocazione stessa dell’evento: aree naturali frequentate da famiglie, territori della memoria partigiana come Colle Brianza, scuole trasformate in logistica militare. Già in passato, nel Parco della Valle del Lambro, esercitazioni analoghe avevano causato danni al sottobosco e all’ecosistema. Oggi si aggiunge un ulteriore elemento: la normalizzazione della presenza armata in luoghi destinati alla didattica e alla convivenza civile.


«È il secondo anno consecutivo che accade sul nostro territorio», ha dichiarato Maria Grazia Caglio, vicesindaca di Osnago, «ma il contesto globale è cambiato. La guerra è tornata nel linguaggio e nelle immagini quotidiane. Coinvolgere i giovani in queste manifestazioni significa renderle familiari, persino desiderabili». Secondo Caglio, l’effetto è una trasformazione simbolica dei parchi in scenari bellici e una dissociazione tra la funzione educativa dei luoghi e il messaggio veicolato: «Soldati nei parchi che giocano a spararsi. Che insegnamento vogliamo dare?».


Francesco Racioppi, vicepresidente del consiglio comunale di Monza, contesta l’utilizzo istituzionale: «Nei materiali promozionali si elencano elicotteri, armi, scenari operativi. Che studentesse e studenti partecipino è molto grave. Serve studiare l’articolo 11 della Costituzione, non apprendere logiche militari in piazza. La presenza delle scuole, di domenica, a una manifestazione apertamente bellica, è una deriva pericolosa».


L’evento IRC non è un episodio isolato. Si inserisce in una traiettoria documentata: protocolli d’intesa tra i ministeri dell’Istruzione, dell’Interno e della Difesa, concorsi scolastici promossi per la Giornata delle Forze Armate, alternanza scuola-lavoro in caserme, e un numero crescente di progetti Pcto in contesti militari. 


L’accordo Valditara–Piantedosi del novembre 2024 ha istituzionalizzato la collaborazione tra forze dell’ordine e scuole per la promozione della “cultura della legalità”, un concetto che, svuotato del suo contenuto civico, rischia di diventare sinonimo di disciplina gerarchica e presenza armata.


Secondo l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole, l’“Italiana Raid Commando” rappresenta l’estensione sul territorio di un progetto pedagogico implicito: la formazione del cittadino come soldato potenziale, l’educazione alla forza come risorsa nazionale. Il linguaggio scelto dagli organizzatori — “sport”, “competizione”, “coinvolgimento della cittadinanza” — serve a smussare la portata dell’evento. Ma le attività previste, come emerso dalle edizioni precedenti, simulano operazioni di guerra con elevato grado di realismo. Il tentativo di edulcorarne i contenuti – dicono – «è parte della strategia».


La partecipazione degli studenti, anche solo come spettatori, è il punto più contestato.

L’esposizione a uniformi, armi e linguaggi di guerra, anche in chiave cerimoniale, ha un impatto formativo implicito. Studi psicopedagogici segnalano il rischio di desensibilizzazione alla violenza, la normalizzazione di modelli comportamentali aggressivi e la rimozione del conflitto come oggetto da comprendere per via civile.

Le perplessità etiche sono state sollevate anche sul piano istituzionale. Sinistra Italiana Lombardia ha chiesto chiarezza sul coinvolgimento degli enti pubblici e sull’eventuale utilizzo di fondi regionali. Il consigliere Onorio Rosati dei Alleanza Verdi Sinistra ha annunciato un’interrogazione in Consiglio regionale: «Si tratta di una messa in scena bellicista, avallata dalle istituzioni. In un momento segnato da conflitti drammatici, occorrerebbe un altro linguaggio. Non la caricatura militare nel cuore di una piazza, con gli studenti in platea».


La coincidenza negli stessi giorni dell’esercitazione con la Marcia per la Pace organizzata a Lecco nello stesso fine settimana sottolinea il corto circuito: da una parte si marcia per la convivenza, dall’altra si celebrano le pattuglie da combattimento. Entrambe iniziative pubbliche. Entrambe rivolte alle nuove generazioni.

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