
🌟 LE MALETESTE 🌟
30 apr 2025
'Neronovecento' è l'ultimo lavoro di CRISTIANO REA e rivela il suo approccio unico, duro, intransigente di disegnatore, ma alimentato dalla dolcezza. Per il suo primo allestimento, e solo per il 1 Maggio, è stato scelto uno dei luoghi che lui avrebbe potuto chiamare casa, Forte Prenestino
Cristiano Rea, un’indagine nel ’900 del buio che avanza
Il Primo Maggio al Forte Prenestino di Roma per il 39° anno della Festa del non lavoro.
Il sarcastico «Manifesto novecentista contro il buio che avanza» apre la mostra ospitata nelle celle sotterranee del Forte, «Nel segno di Cristiano Rea. Una vita ribelle in punta di matita», che raccoglie tracce dell’intero percorso dell'autore
di Guido Caldiron, Giuliano Santoro
30 aprile 2025
Immagini cupe, a volte scarne, malgrado siano state lavorate e pensate a lungo. Meditate, si direbbe, anche se traducono un’immediatezza e un’urgenza evidenti. Sono frutto dei tempi come della riflessione, dello studio, dell’indagine. Concepite e realizzate nell’esplorazione di un confine sottile, ma talvolta inevitabile che separa dal baratro o che, piuttosto ne traduce il perimetro, la profondità, spesso oscura, sempre inquietante.
Con la sua abituale sensibilità, intensa e a tratti irresistibilmente ruvida, Cristiano Rea aveva percepito fino in fondo l’umore dei tempi, il senso di incertezza che permea ogni cosa, e aveva cercato di tradurre quell’immagine di vuoto ricorrendo agli strumenti con i quali per oltre trent’anni aveva attraversato un territorio dove musica, politica, protagonismo sociale e ricerca di comunità si intrecciavano ogni giorno: i suoi disegni, le sue tavole, i racconti per immagini che pezzo dopo pezzo descrivono un mondo e ne restituiscono per molti versi l’anima.
QUELL’ULTIMA RICERCA che lo vedeva ancora febbrilmente impegnato, tra letture e disegni, scoperte e passioni pronte ad essere sempre superate da quelle nuove – quando due anni fa ci ha lasciati -, ruotava intorno al «profondo Novecento» incarnato in figure storiche che a partire dagli anni a cavallo tra le due guerre mondiali si sono fatte a vario titolo interpreti di un sentimento della crisi, sfociato nell’orrore dei conflitti armati, degli stermini, dell’annientamento delle speranze come della vita umana.
Il sarcastico «Manifesto novecentista contro il buio che avanza» apre la mostra ospitata nelle celle sotterranee del Forte Prenestino il Primo Maggio per il 39° anno della Festa del non lavoro, «Nel segno di Cristiano Rea. Una vita ribelle in punta di matita», che raccoglie tracce dell’intero percorso di Cristiano, dalla stagione dell’Uonna Club ai disegni realizzati per i 50 anni della strage di Piazza Fontana. Non c’era luogo più adatto, per il rapporto dell’autore con il centro sociale più antico e grande di Roma e per la potenza evocativa di uno spazio pensato originariamente come avamposto militare e proprio alla fine del secolo breve divenuto laboratorio politico e culturale.
In questa dichiarazione di intenti che trasuda una spavalderia ostentata che fa palesemente a pugni con la riservatezza dell’autore, Cristiano esplicita il suo punto di vista: chi scrive e disegna è un punk, nato nelle pieghe della crisi della politica novecentesca, capace di guardate in faccia il nichilismo e di riconoscere l’aggressività della controrivoluzione. È appunto, da punk che rivendica di avere ascoltato i Ramones e aver letto Stirner. Cristiano Rea affonda le mani nella temperie antropologica e politica di cento anni fa. Erano tempi di crisi e di controrivoluzione anche quelli. E anche allora la ribellione rischiava di mescolarsi alla reazione e il rifiuto delle regole imposte poteva trasformarsi in prevaricazione, nell’esaltazione del gesto fine a se stesso, privo di un riferimento sociale e di una prospettiva collettiva.
UNA RICERCA DENTRO la Storia, condotta attraverso questi ritratti «scolpiti» sulla carta con «matita nera graffiata e sporca» che per Cristiano era in realtà soltanto cominciata: «… non temo il buio che avanza» il messaggio e la sfida rivolta a quanti cominceranno ad apprezzare il suo tragitto proprio da questo suo ultimo, fertile capitolo.
Lungo il percorso di Neronovecento risuonano le parole di Primo Levi che seppe analizzare con rigore da scienziato la microfisica del potere del male assoluto. Anche quelle risuonano come un monito che Cristiano ha voluto riprodurre nei suoi disegni scarni e spietati: «Col potere veniamo a patti, volentieri o no, dimenticando che nel ghetto siamo tutti, che il ghetto è cintato, che fuori dal recinto stanno i signori della morte e che poco lontano aspetta il treno».
Fonte: ilmanifesto.it - 30 aprile 2025
NEL SEGNO DI CRISTIANO REA
GIOVEDI 1 MAGGIO 2025
DURANTE LA FESTA DEL NON LAVORO
Dalle ore 10.30 alle ore 18, per il solo giorno della 39^ festa di occupazione e del non lavoro, in un'ala dei sotterranei e in cattedrale, il Forte espone la mostra "Nel segno di Cristiano Rea Una vita ribelle in punta di matita".
Cristiano Rea (Roma 1962 - 2023) è stato un disegnatore che ha plasmato un’immagine, un “segno” che non è mai stato soltanto grafico e che dal punk, dall’underground musicale ha contribuito a definire il nuovo volto della politica metropolitana, l’insubordinazione organizzata e comunitaria che ha preso corpo con i centri sociali, mutando per sempre il lessico della rivolta.
Fra il 2017 e il 2022, con “…una matita nera, graffiata e sporca”, ha lavorato ad una sorta di dizionario delle figure scomode e di confine dell’altro secolo, Neronovecento. Sulle tavole nere di Neronovecento i ritratti parlano: Cesare Pavese, Ibes Pioli, Giovannino Guareschi e altri personaggi illustri, ma anche persone qualunque, soldati senza nome di ritorno dalla guerra. Il lavoro è frutto di anni di studio e letture: partendo dalla Resistenza e tenendola al centro, ha proceduto a ritroso fino a inizio secolo, oppure è andato avanti, attraverso l’Italia del dopoguerra arrivando fino a Piazza Fontana e all’oggi.
Cristiano riscrive i testi a mano, è come se ce li leggesse. Forse dobbiamo capire meglio per non essere prigionieri? Nuotiamo nel nero delle tavole e di quel Novecento, ci facciamo le stesse domande, siamo segnati dalle stesse ombre e dalle stesse occhiaie. Sul volto abbiamo rughe profonde.
Neronovecento è il suo ultimo lavoro e rivela il suo approccio unico, duro, intransigente ma alimentato dalla dolcezza. Per il suo primo allestimento è stato scelto uno dei luoghi che lui avrebbe potuto chiamare casa, Forte Prenestino
Fonte: forteprenestino.net
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