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Le tribù italiane insieme per un altro sport nel campo di Chatila (Libano)

📢 LE MALETESTE 📢

23 mag 2023

L'esperienza di "UN PONTE PER" assieme al "CENTRO STORICO LEBOWSKI"
maggio 2023

Un Ponte Per

14 maggio 2023


"UN PONTE PER" e "C.S LEBOWSKI", INSIEME PER UN ALTRO SPORT NEL CAMPO DI SHATILA (LIBANO)

Finalmente siamo arrivate a Beirut dagli amici e dalle amiche del campo profughi palestinese di Shatila! La delegazione, composta dalle nostre attiviste e dalle preparatrici atletiche del glorioso Centro Storico Lebowski di Firenze, resterà in Libano una settimana per incontrare il Palestine Youth Football.C. che ormai da anni è un punto riferimento per lo sport popolare del campo.


Siamo onorate che, a documentare questa esperienza, sia venuto con noi il regista toscano Niccolò Falsetti, candidato ai David di Donatello 2023 per il film Margini.


In questi giorni le due preparatrici atletiche fiorentine alleneranno i giocatori e le giocatrici palestinesi. L’obiettivo è quello di mandare un messaggio di trasversalità ed equità di genere grazie allo sport. E poi ci ha entusiasmato l’idea di poter portare un po’ della straordinaria esperienza di sport dal basso - incarnata dal C.S. Lebowski - in un luogo marginalizzato come Shatila.


Un Ponte Per è presente nel campo da quasi 30 anni, con progetti di solidarietà e sostegni a distanza per accompagnare gli studi di bambini e bambine palestinesi. Tra le attività che sosteniamo a Shatila c’è Basket Beats Borders, che ha visto nascere e svilupparsi una squadra di basket femminile, oggi famosa ben oltre i confini del campo.





Centro Storico Lebowski

 15 maggio 2023




Questa foto ritrae la vista che abbiamo dal nostro ufficio per i prossimi giorni.

Siamo al sesto piano di un palazzo di Shatila, campo profughi palestinese a Beirut, sede del Palestine Youth Football.C.


Un gruppo di istruttrici e istruttori della nostra scuola calcio è stato invitato a tenere uno stage di formazione per gli allenatori del Club, grazie all’organizzazione di Un Ponte Per.


Il campo di Shatila non è un insediamento fatto da tende temporanee e baracche improvvisate, come ci potremmo immaginare.


I primi palestinesi sono arrivati a Shatila nel 1948, quasi 75 anni fa. All’epoca doveva essere un quartiere periferico della capitale libanese, con delle modeste case a uno o due piani destinate a circa un migliaio di esuli.


Oggi nello stesso chilometro quadrato vivono oltre 26.000 persone. È uno dei posti con la maggiore densità abitativa del mondo.


Nei decenni, per ospitare le nascite e i nuovi flussi di profughi, le abitazioni sono state costruite in altezza, perché i confini del campo sono obbligati a rimanere gli stessi.

Le case oggi assomigliano a caricature di grattacieli, delle scatole di cemento allungate verso l’alto per sette o otto piani.


Nelle strette strade non batte quasi mai la luce, perché i tetti, i cavi elettrici scoperti e le condutture idrauliche impediscono alla luce di arrivare.

Costretti a convivere in stanze minuscole, la popolazione si riversa in strada, occupando ogni spazio disponibile.


Fuori, l’immensa città di Beirut non è uno spazio ricco di possibilità, perché i palestinesi del campo, pur se arrivati alla quinta generazione, non possono frequentare le scuole libanesi né svolgere alcuna professione specializzata. Possono solo trovare impiego nelle economie di sussistenza interne al campo o come manodopera sottopagata nei servizi o nell’edilizia.


In questo scenario, ci domandiamo quale ruolo possa avere lo sport.

Chi verrà oggi pomeriggio al campo? Perché?Con quali aspettative?

Come lavorano qui gli allenatori? Le nostre competenze potranno servirgli?





Centro Storico Lebowski

 21 maggio 2023


“Come lavorano qui gli allenatori?”

Il punto di riferimento dello Sport Center è coach Majdi.





Majdi è nato a Shatila, esule già di terza generazione. È suo nonno che ha dovuto abbandonare la Palestina, dopo la Nakba del 1948. Suo padre è nato in Libano qualche anno dopo, senza poter essere libanese ma senza aver diritto di tornare in Palestina.

Anche i figli di Majdi sono nati a Shatila.

E i nipoti di Majdi stanno crescendo a Shatila. Per cui la sua famiglia è esule nei campi da cinque generazioni.


In pochi più di lui conoscono il significato dell’assoluta mancanza di prospettive, l’impossibilità di muoversi, di poter pianificare qualsiasi cosa, di avere obiettivi capaci di uscire dal chilometro quadrato che ci circonda.

Eppure ogni settimana allena a calcio i bambini e i ragazzi del campo, fa basket con le ragazze, tiene aperta la palestra dove fare pugilato o semplicemente avere una stanza sicura e capiente a disposizione per vedersi i pomeriggi e le sere.


Creare le condizioni per un’attività sportiva costante nel tempo è davvero arduo. Il piccolo impianto del quartiere è privato; affittarlo costa circa 5 euro l’ora e il proprietario aumenta il prezzo a sua discrezione.

Questa settimana per poter allenare quotidianamente i tre ampi gruppi di giovani calciatori abbiamo pagato noi l’affitto per quattro ore al giorno. Quello che per noi è un prezzo accessibile non lo è per chi organizza lo sport a Shatila. Nell’ordinario è molto complicato poter garantire a ogni gruppo più di un allenamento di un’ora a settimana.

Inoltre, l’assenza di prospettive per un atleta del campo è davvero devastante: non è possibile tesserare la squadra alla Federazione libanese ed esiste una legge che prescrive ai Club libanesi di poter tesserare un solo palestinese nelle rose.


I ragazzi quindi si allenano per anni senza nessun orizzonte a disposizione.

In quartiere il peso del consumo di stupefacenti e dello spaccio assume contorni sempre più vasti, man mano che si raggiungono i tredici/quattordici anni.


Davanti a questo scenario, Majdi ci ha comunicato in modo chiaro le sue priorità formative.

Tutti devono divertirsi, perché è necessario non perdere nessuno.

L’allenamento deve stimolare la cooperazione, perché è solo così che possiamo migliorare la vita nel campo profughi.


Il rispetto verso il posto, verso gli allenatori, verso i compagni e soprattutto verso sé stessi deve essere assoluto, perché i ragazzi non avranno tante altre occasioni per ricevere un’educazione in tal senso.

Questi sono i principi con cui abbiamo dovuto fare i conti per progettare la nostra attività.




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