In Italia, il fascismo aboliva nel 1923 (R.D.L. 19 aprile 1923, n. 833 in G.U. 20 aprile 1923, n. 93, p. 3190) la ricorrenza del 1 maggio, preferendo una autarchica Festa del lavoro italiano il 21 aprile in coincidenza con il Natale di Roma.
“Vittorio Emanuele III per grazia di Dio e per volontà della Nazione Re d’Italia - recita la legge - vista la legge 23 giugno 1874, n.1968; vista la legge 19 giugno 1913, n.630; udito il Consiglio dei ministri; sulla proposta del presidente del Consiglio dei ministri, ministro dell’Interno, di concerto con il ministro della Giustizia e degli affari di culto; abbiamo decretato e decretiamo: il 21 aprile, giorno commemorativo della fondazione di Roma, è destinato alla celebrazione del lavoro ed è considerato festivo, eccetto che per gli uffici giudiziari. È soppressa la festa di fatto del 1° maggio e tutte le pattuizioni intervenute tra industriali ed operai per la giornata di vacanza in tal giorno dovranno essere applicate pel 21 aprile e non pel 1° maggio. Il presente decreto entra in vigore oggi e sarà presentato al Parlamento per essere convertito in legge. Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserito nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare. Dato a Roma, addì 19 aprile 1923”.
GIUSEPPE DI VITTORIO (Segretario della CGIL), così si esprime sulla ricorrenza del 1 Maggio su “Lavoro”, settimanale della Cgil, numero 17, 26 aprile 1953:
“…., il lavoro non può espandersi, secondo i crescenti bisogni dell’uomo; non può utilizzare tutta la sua potenza creatrice, per soddisfare le incessanti esigenze di vita e di progresso dell’umanità. Da questo sistema di predominio del capitale, da questo sistema di sfruttamento dell’uomo sull’uomo, sorgono le crisi, la disoccupazione, la miseria, di cui soffrono le popolazioni.
Da questo sistema d’ingiustizia e di sopraffazione, sorgono le cupidigie e le brame di rapina dei grandi monopoli su altri Paesi, su altri mercati, su altre fonti di materie prime. Di qui, sorgono le guerre imperialistiche, coi loro inseparabili e terribili cortei di massacri, di distruzioni, di lutto, di carestia. Il Primo maggio, pertanto, i lavoratori del mondo intero, celebrando la potenza invincibile del lavoro, rivendicando il loro diritto alla conquista di migliori condizioni di vita riaffermano la loro volontà collettiva di accelerare la marcia verso l’emancipazione del lavoro, che libererà tutta l’umanità dal timore delle crisi, dalla paura della fame, dall’incubo della guerra, ed aprirà ad essa la via radiosa del benessere crescente e d’un più alto livello di civiltà. Il lavoro è creatore di beni; il lavoro eleva gli uomini, li rende migliori e li affratella; il lavoro è pace…”.
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