Altri 14 poliziotti sospesi dal servizio, in totale 46 coinvolti nelle violenze sui detenuti. Documentati gli abusi reiterati nella «sezione blu», definita un inferno. Gli altri casi riconosciuti dalla magistratura.
di Alfredo Marsala
21 novembre 2024
Buttato per terra, un lenzuolo di sopra e massacrato di botte: «Tanto questo è nero, non si vede un cazzo», se la ridevano. Sghignazzamenti anche di fronte allo straniero costretto a camminare nudo in corridoio mentre veniva sbeffeggiato con commenti sui genitali e schiaffeggiato. E poi secchi riempiti di urine mescolate ad acqua lanciati addosso, calci, pugni, perquisizioni illegali, umiliazioni di ogni sorta. È un libro dell’orrore l’ordinanza di 157 pagine firmata dal gip di Giancarlo Caruso, che racconta di torture, pestaggi e minacce ai detenuti nel carcere di Trapani. Su richiesta della Procura, il gip ha ordinato l’arresto ai domiciliari per 11 agenti di polizia penitenziaria e la misura interdittiva per altre 14 agenti.
A INCASTRARLI sono state le immagini delle telecamere e le microspie piazzate dagli investigatori che hanno immortalato le torture e registrato le conversazioni dei picchiatori che seminavano il panico nella «sezione blu», quella dove si trovano le celle d’isolamento: 16 stanze ognuna di 2 metri per 4, tra quella “liscia” senza suppellettili destinata a chi si temeva potesse compiere gesti autolesionisti. I fotogrammi inseriti nel provvedimento del giudice non lasciano dubbi sui metodi violenti degli agenti coinvolti in questa vicenda; uno degli arrestati, intercettato, ha persino ammesso a un collega di avere picchiato duro con gli stessi metodi quando aveva fatto servizio nel carcere di Ivrea. Gli inquirenti parlano di trattamento inumano e contrario alla dignità delle persone».
DELLA «SEZIONE BLU», definita un inferno, se ne parlava da tempo ma nessuno si era spinto fino a mettere tutto nero su bianco di fronte e ai magistrati. L’ha fatto un detenuto il 17 settembre del 2021, raccontando di essere stato punito, dopo una protesta, portato nella sezione isolamento e aggredito a calci, pugni e sputi. È sempre lui a riferire di aver sentito un altro detenuto, nella cella accanto, urlare mentre veniva preso a botte. Fa nomi e cognomi degli agenti picchiatori, ne conferma l’identità quando gli mostrano le foto, ma chiarisce che all’interno del carcere «ci sono anche agenti che si comportano come buoni padri di famiglia».
Per anni le videocamere piazzate dai pm hanno ripreso gli abusi. Le intercettazioni hanno fatto il resto. «L’avrei massacrato compà, come ho fatto con gli altri», dice uno degli agenti arrestati ascoltato dalle cimici dopo l’aggressione a un collega da parte di un detenuto. «Le secchiate d’acqua… fa caldo, un piacere gli facciamo», commenta un altro.
TRA I FRAME più sconvolgenti, parte integrante dell’ordinanza, c’è quello di un uomo nudo nei corridoi e di un altro carcerato perquisito con le braccia bloccate dietro la schiena. A una delle vittime sarebbe stata data anche una sigaretta con un farmaco, probabilmente un calmante, con un agente preoccupato delle conseguenze per la salute della vittima. Nelle relazioni di servizio delle violenze gli investigatori non hanno trovato traccia: perché gli agenti fornivano ai superiori versioni false, sottolineando solo le condotte dei detenuti.
E manifestavano insofferenza pure nei confronti dei superiori perché, a loro dire, non prendevano provvedimenti severi nei confronti dei carcerati quando protestavano o venivano trovati in possesso di telefonini o altro.
Gli agenti erano pronti pure a prendersela con i medici della casa circondariale. «Se si mettono in mezzo sminchi pure i dottori», si legge in una intercettazione. Uno degli arrestati, poi, proponeva la creazione di una “squadretta” di 6 persone. «Appena succede qualcosa saliamo nel reparto», minacciava. «Ci butto un secchio d’acqua? È pisciazza immischiata con acqua», spiegava un altro. L’urina veniva lanciata nelle celle dopo aver tolto la corrente per cogliere di sorpresa i carcerati. Le vittime hanno confermato tutto. E gli inquirenti le hanno ritenute credibili.
«LE PERSONE OFFESE manifestano un atteggiamento di apprezzabile equilibrio e non hanno risentimenti», scrive il gip. «Nel reparto blu, oggi chiuso per carenze igienico sanitarie, venivano portati i detenuti con problemi psichiatrici o psicologici, che subivano violenze e torture. Alcuni agenti agivano con violenza non episodica ma con una sorta di metodo per garantire l’ordine», ha detto il procuratore capo Gabriele Paci.
Ilaria Cucchi, senatrice di Avs, sostiene come «non c’è regione d’Italia dove le mele marce della polizia penitenziaria non siano accusate di abusi e comportamenti violenti ai danni dei carcerati». «Poche mele marce che però infangano l’intero corpo – afferma – Anche dopo questa ennesima inchiesta della magistratura che ha portato agli arresti domiciliari 11 agenti e alla sospensione dal servizio per altri 14 il sottosegretario Delmastro prova gioia intima? È ora di dire basta alle torture in carcere».
Fonte: ilmanifesto.it - 21 nov. 2024
La tortura che non dà respiro
Altro che mele marce. Se non ci si indigna di fronte a un poliziotto che riempie di urina una cella di un detenuto o lo pesta senza ragione, vuol dire che siamo di fronte a un processo diseducativo di massa che ha investito le nostre coscienze
di Patrizio Gonnella *
21 novembre 2024
Violenze fisiche, forme di scherno e umiliazione nei confronti di persone con disturbi psichici, secchiate di acqua e urina lanciate nelle celle anche in piena notte, frasi offensive condite da razzismo. L’inchiesta trapanese ci conferma quanto sia importante, se non decisivo, avere una magistratura indipendente che indaghi sul potere, in tutte le forme nelle quali esso si esprime.
L’inchiesta è durata circa due anni (2021-2023), segno che non ha riguardato un singolo episodio ma una modalità criminale, violenta, truce, e purtroppo non estemporanea, di gestione della pena carceraria nei confronti dei più vulnerabili. La documentazione delle torture sarebbe terminata solo perché a un certo punto, nell’agosto del 2023, è stato chiuso il reparto di isolamento, dove si consumavano le violenze e dove era stata posta l’attenzione, anche con le riprese video (come sempre decisive), da parte degli investigatori. Ed è proprio la non episodicità che dovrebbe allarmare tutti noi.
La tortura è qualcosa che riguarda l’intera comunità nonché lo stato della democrazia di un paese. Se non ci si indigna di fronte a un poliziotto che riempie di urina una cella di un detenuto o lo pesta senza ragione, vuol dire che siamo di fronte a un processo diseducativo di massa che ha investito le nostre coscienze. Vuol dire che è in corso la bancarotta delle agenzie della formazione pedagogica e dei corpi intermedi.
Alcune considerazioni a margine dell’inchiesta trapanese. Le violenze sono principalmente avvenute nel reparto di isolamento. Molti suicidi avvengono in isolamento. A volte l’isolamento è imposto come sanzione disciplinare, altre volte invece è una condizione de facto nella quale è posto il detenuto, senza alcuna giustificazione legale.
Antigone ha in piedi una campagna a livello globale per abolire questa pratica carceraria, insana, pericolosa, disumana. L’amministrazione penitenziaria dia un segnale in questa direzione.
In secondo luogo va evidenziato che l’inchiesta avrebbe avuto il contributo decisivo del Nucleo investigativo della stessa Polizia penitenziaria. Questa è una buona notizia che va in controtendenza a quello spirito di corpo, che è sempre l’anticamera dell’impunità di massa. È evidente che chi, tra gli agenti e gli ufficiali di polizia penitenziaria, ha lavorato all’indagine non ha quella cultura dell’asfissia del sottosegretario Del Mastro.
Una notizia invece non abbiamo potuto leggerla. Non abbiamo sentito preannunciare, né dal ministro della Giustizia Nordio, né dalla presidente del Consiglio Meloni, la futura costituzione di parte civile.
Antigone è in tanti processi in giro per l’Italia e sarebbe decisivo, anche per il messaggio culturale sotteso, avere società civile e governo dalla stessa parte della legalità nella lotta contro i criminali che torturano.
Infine, i torturatori se la prendono molto spesso contro i più vulnerabili, i meno protetti, le persone con disturbi psichici, contro chi non si sa fare la galera, ossia quelli per i quali il governo si è inventato il delitto di rivolta penitenziaria. È questa la manifestazione di una pratica machista contro la quale ci vorrebbe una rivoluzione culturale e formativa nel corpo di polizia penitenziaria.
La presidente del Consiglio, per evitare di dover prendere le distanze dalle parole inaccettabili di Del Mastro, ha immaginato che il sottosegretario volesse «soffocare la mafia». Ma la verità è che la mafia respira ogniqualvolta lo Stato la emula nelle pratiche illegali e violente.
Fonte: ilmanifesto.it - 21 nov. 2024
* Patrizio Gonnella è Presidente dell'Associazione ANTIGONE
IL VIDEO
In margine: da lindipendente.online
di Stefano Baudino
21 novembre 2024
Da allora (2021, NdR) sono emersi molti altri procedimenti da Nord a Sud, tra cui spiccano quello a carico di 105 funzionari dell’Amministrazione Penitenziaria accusati a vario titolo di tortura, omissione di denuncia, favoreggiamento, omissione in atti d’ufficio, falsità in atto pubblico e omissione di referto per le violenze che i detenuti di Santa Maria Capua Vetere avrebbero subito il 6 aprile 2020 e la condanna di 10 agenti di polizia penitenziaria della Casa di Reclusione di San Gimignano per tortura e lesioni aggravate in concorso nei confronti di un detenuto tunisino.
Recentemente, sotto l’occhio della magistratura sono finite anche le condotte di decine di guardie penitenziarie che, nel carcere di Cuneo, tra il 2021 e il 2023 avrebbero sistematicamente picchiato, umiliato e gettato in isolamento un gruppo di prigionieri, lasciandoli per ore «senza cibo né acqua, senza vestiti né coperte».
A marzo, dieci agenti in servizio presso il carcere di Foggia sono stati ristretti ai domiciliari per aver partecipato a un violento pestaggio, consumato l’11 agosto del 2023, ai danni di due detenuti.
È arrivato invece nella sua fase conclusiva il processo che vede imputati dieci agenti penitenziari del carcere di Reggio Emilia accusati di aver torturato un detenuto tunisino, che il 3 aprile 2023 venne incappucciato con una federa stretta al collo, denudato e percosso con calci e pugni.
Fonte: lindipendente.online - 21 nov. 2024