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Immagine del redattoreLE MALETESTE

EUROGUERRA 2. La spesa globale per le armi mai così alta

Nel 2023 sale a 2.443 miliardi, 306 dollari a testa. A dominare sono i big statunitensi




di Mauro Del Corno

25 Novembre 2024


Nel 2023 la spesa per armi, munizioni ed eserciti ha raggiunto il massimo storico a livello globale, a 2.443 miliardi di dollari, con un incremento del 6,8% rispetto al 2022. Significa una spesa di 306 dollari per ognuno degli 8 miliardi di abitanti del pianeta. Emerge da una ricerca dell’area studi di Mediobanca sull’industria delle armi. A spingere la spesa è l’escalation delle tensioni geopolitiche innestate dal conflitto in Ucraina e da quello in Medio Oriente ma anche in Sudan e Myanmar.


Naturalmente questo significa anche ricavi e profitti in aumento per chi le armi le produce. Se a livello globale si considerano le società con ricavi rivenienti dalla sicurezza superiori al mezzo miliardo di euro, il giro d’affari dell’industria mondiale della Difesa sfiora i 615 miliardi di euro nel 2023 (+9,8% sul 2022). Escludendo gli operatori per i quali non si ha visibilità di dati economico-finanziari (in massima parte i big asiatici) e quelli di minore dimensione, l’analisi dell’industria mondiale della Difesa si concentra sulle 40 principali multinazionali che rappresentano quasi il 60% del giro d’affari.


A dominare sono le aziende statunitensi, con una quota del 68% dei ricavi aggregati nel 2023, seguiti dai player europei con il 27% e da quelli asiatici con il 5%. L’Italia, rappresentata da Leonardo e Fincantieri, conta per il 14% del giro d’affari europeo e per il 4% di quello mondiale. Le prime cinque posizioni sono detenute esclusivamente da gruppi a stelle e strisce che da soli concentrano oltre la metà del giro d’affari generato dal core business Difesa. Si tratta, nell’ordine, di Lockheed Martin (55 miliardi di euro nel 2023), Raytheon Technologies (36,8 miliardi), Boeing (31 miliardi), Northrop Grumman (30,6) e General Dynamics (26,8). Da notare che i primi azionisti di tutti questi gruppi sono i colossi della finanza Usa Blackrock, State Street, Vanguard, Capital Research.


I player europei appaiono di un certo rilievo, ma sono ancora lontani dai colossi statunitensi: la loro dimensione media è pari a poco più di un terzo di quella dei gruppi di oltre oceano. La classifica europea è guidata dalla britannica Bae Systems (25,8 miliardi di euro), seguita da Airbus (11,8), Leonardo (11,5), la francese Thales(10,1) e la tedesca Rheinmetall (5,1); Fincantieri (2 miliardi) è 13esima.


L’industria italiana della Difesa è estremamente sviluppata e diversificata, segnala Mediobanca, e può essere rappresentata come una piramide al cui vertice si trovano i due big player Leonardo e Fincantieri (attivi anche in altri settori), entrambi a controllo statale, che agiscono come prime contractors nei segmenti più rilevanti del mercato, in termini di volume d’affari e di contenuti tecnologici. In seconda fascia si collocano società di dimensioni più contenute specializzate spesso su singoli apparati o sottosistemi.


Infine, una terza fascia di aziende è costituita da una galassia di piccole e medie imprese, eccellenze da tutelare e sviluppare. Rilevante la presenza di gruppi stranieri: 36 delle 100 aziende italiane hanno una proprietà estera che controlla il 25,1% del fatturato aggregato (di cui il 12,2% europeo e il 10,1% statunitense). Questo pone l’autosufficienza italiana nelle forniture di sicurezza su un piano meno nazionale.


Il futuro, per il settore, si annuncia roseo. Per i maggiori gruppo mondiali del settore si attende un incremento dei ricavi del 9% nel 2024, a un ritmo più che doppio rispetto a quello del Pil globale (+3,2%), trainato dai gruppi europei in accelerazione su quelli a stelle e strisce: nel 2024 si stima che le aziende del Vecchio Continente mettano a segno un +11% sul 2023 rispetto al +8% dei big statunitensi.


Per il 2025, scrive Mediobanca, in un contesto di disinflazione e tassi in discesa, ma di frammentazione del mondo in blocchi sempre meno dialoganti, si prevede una crescita del giro d’affari del 12%, comunque ancora superiore a quella del Pil mondiale (+3,2%). Tale previsione si basa su un ambiente geopolitico relativamente stabile che continua a sostenere i budget per la Difesa, senza considerare i rischi legati a nuovi conflitti e a spinte protezionistiche che potrebbero determinarne un ulteriore aumento, ma include i potenziali effetti che l’amministrazione del neo-eletto Trump potrebbe avere sull’industria della sicurezza, traducendosi nell’acquisizione di ordini aggiuntivi di una certa rilevanza.


Secondo l’amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel “Una buona parte del mondo occidentale, e dell’Europa in particolare, si è trovata a fronteggiare questo scenario in condizioni di relativa impreparazione“. “Cominciamo a fare gli eurobond che sarebbe già un primo passo poi vediamo anche le economie più avanzate dal punto di vista degli investimenti e del capital market come l’America per trovare spunti”, ha aggiunto.


Fonte: ilfattoquotidiano.it - 25 nov. 2024

 


Von der Leyen cerca l’ok del Parlamento chiedendo all’Ue di armarsi: “La Russia spende il 9% nella Difesa, noi l’1,9%. Questo è sbagliato”


di F. Q.

27 Novembre 2024


Ursula von der Leyen traccia la rotta del suo nuovo mandato: “La libertà per l’Europa non sarà gratuita”, ha esordito citando l’espressione incisa su un muro del Memoriale dedicato ai veterani della guerra di Corea, a Washington. Nel suo discorso di fronte al Parlamento europeo, nel giorno in cui la Commissione chiede il via libera all’inizio del proprio mandato ai componenti della Plenaria di Strasburgo, affronta subito uno dei temi cruciali e uno dei punti principali del suo nuovo programma di governo: la Difesa. Ed espone immediatamente la sua strategia: maggiori investimenti, maggiore spesa per contrastare le minacce che arrivano da est, dalla Russia. “Significa fare scelte difficili. Significa investire massicciamente nella nostra sicurezza e prosperità. E soprattutto significherà rimanere uniti e fedeli ai nostri valori. Trovare il modo di lavorare insieme e superare la frammentazione – ha detto la presidente della Commissione – Perché credo che la nostra generazione di europei debba lottare ancora una volta per la libertà e la sovranità”.


Più soldi, più armi

Von der Leyen cita alcuni numeri per motivare questa sua posizione: “La Russia spende fino al 9% del suo Pil per la Difesa. L’Europa spende in media l’1,9%. C’è qualcosa di sbagliato in questa equazione. La nostra spesa per la Difesa deve aumentare. E abbiamo bisogno di un mercato unico della Difesa“. Una corsa sulla Russia nel campo della Difesa vorrebbe dire una corsa al riarmo anche in Ue, dopo un 2023 record per la spesa globale in armamenti. I Paesi Ue, in media, spendono per la Difesa la percentuale del 2% richiesto dalla Nato, anche se nelle scorse settimane il nuovo segretario generale, Mark Rutte, ha affermato che questa percentuale dovrebbe essere rivista al rialzo. E stando almeno alle sue parole, von der Leyen sembra voler seguire questa linea.


Il rapporto Draghi è la Bussola

Non è un segreto che per conoscere le vere linee guida del suo nuovo mandato al Berlaymont basta leggere il rapporto Draghi sulla competitività da lei stessa commissionato. Non ne fa mistero nemmeno von der Leyen nel suo intervento all’assemblea europea: “La prima grande iniziativa della nuova Commissione sarà una Bussola della Competitività e sarà la cornice del nostro lavoro per il resto del mandato. La Bussola si baserà sui tre pilastri del rapporto Draghi. Il primo è chiudere il divario d’innovazione con gli Stati Uniti e la Cina, il secondo è un piano comune per la decarbonizzazione e la competitività, il terzo è l’aumento della sicurezza e la riduzione delle dipendenze“. E tra queste c’è anche quella dal gas russo che, nel piano della leader tedesca, deve essere eliminata definitivamente: “È arrivato il momento di sostituire le importazioni di gnl russo e so che il Parlamento europeo ci sosterrà in questo”.


Per quanto riguarda la competitività e l’innovazione, la formula vincente secondo la politica tedesca deve partire dalla semplificazione, dalla sburocratizzazione: “La quota globale di domande di brevetto dell’Europa è pari a quella degli Stati Uniti e della Cina – ha detto von der Leyen – Ma solo un terzo di questi viene sfruttato commercialmente. Siamo più o meno bravi come gli Stati Uniti nella creazione di startup. Ma quando si tratta di creare nuove imprese facciamo molto peggio dei nostri concorrenti. Una startup californiana può espandersi e raccogliere fondi in tutti gli Stati Uniti. Ma una startup in Europa deve affrontare 27 barriere nazionali diverse. Dobbiamo rendere più facile la crescita in Europa”. Per questo la parola d’ordine, sostiene, deve diventare “investimenti“: “Questa dovrà essere una Commissione per gli investimenti, per sbloccare i finanziamenti necessari alla transizione verde, digitale e sociale. Gli investimenti pubblici saranno cruciali, abbiamo tutti visto cosa può offrire il bilancio agli europei. Ma il nostro bilancio è spesso troppo complesso, finanziando la stessa cosa in programmi diversi e in modi diversi. Dobbiamo concentrarci molto di più sugli investimenti nelle nostre priorità”.


“Non mollo il Green Deal”

Una delle principali critiche al nuovo programma del suo partito europeo, il Ppe, è stata quella sul tentativo di smantellare il Green Deal europeo, il primo punto nell’agenda dell’ormai precedente Commissione, in nome della sostenibilità economica. Ma von der Leyen nel suo discorso ha voluto offrire personali garanzie a chi si aspetta una Commissione meno green rispetto al passato: “Quasi cinque anni fa abbiamo lanciato il Green Deal Ue. Le ragioni che ci hanno spinto a essere così ambiziosi allora sono ancora più evidenti oggi. Quindi voglio essere chiara, dobbiamo mantenere e manterremo la rotta. Ma se vogliamo avere successo in questa transizione, dobbiamo essere più agili e accompagnare meglio le persone e le aziende lungo il percorso. E dobbiamo giocare sui nostri punti di forza, ossia le nostre industrie e piccole e medie imprese, i nostri innovatori e lavoratori”. Nei primi 100 giorni di mandato presenterà il Clean Industrial Deal, ha promesso prima di sponsorizzare la vicepresidenza esecutiva conferita a un’altra commissaria al centro delle contrattazioni degli ultimi giorni, la socialista spagnola Teresa Ribera: “Avremo Teresa Ribera Rodríguez, la nostra prima vicepresidente esecutiva per una transizione pulita, giusta e competitiva – ha proseguito – È ben equipaggiata per garantire una politica di concorrenza moderna a sostegno delle nostre ambizioni. È una europea vera e devota. E, insieme, lavoreremo sempre per l’interesse europeo”.


L’affaire Fitto

Punto critico del suo mandato, che ha rischiato fino a pochi giorni fa di far naufragare l’intesa tra i partiti della nuova maggioranza Ursula, è l’allargamento del sostegno alla nuova squadra del Berlaymont anche a partiti di estrema destra. Uno su tutti Fratelli d’Italia che ha ottenuto una vicepresidenza esecutiva con Raffaele Fitto, spingendo molti membri della nuova maggioranza, dai socialisti francesi a quelli tedeschi, a non sostenere il nuovo team di von der Leyen: “Come ho detto prima del voto di luglio, lavoreremo con tutte le forze democratiche pro-europee in questa camera. E come ho fatto nel mio primo mandato, lavorerò sempre dal centro. Perché tutti vogliamo il meglio per l’Europa e il meglio per gli europei. Quindi ora è il momento di unirci”. Ed è poi andata dritta al punto: “Nelle ultime settimane, avete esaminato attentamente ogni membro di questo collegio. So che non è stato facile. Ma superare le divisioni e forgiare compromessi è il segno distintivo di ogni democrazia viva”.


Fonte: ilfattoquotidiano.it - 27 nov. 2024

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