Napoli, b&b senza freni: affitti alle stelle e boom di sfratti
Overtourism. In una delle zone popolari della città, a pochi passi dalla Pignasecca, un bilocale arriva a costare 1.300 euro al mese. Venerdì prossimo la manifestazione per il diritto all'abitare
di Fabrizio Geremicca
7 dicembre 2024
Nel 2012 a Napoli furono eseguiti 1.200 sfratti in 12 mesi per morosità. Nel 2022 sono stati circa 10mila. Pur considerando che la cifra risente degli sfratti esecutivi che furono bloccati negli anni della pandemia, è una crescita impressionante.
I prezzi degli immobili in locazione, anche nei quartieri popolari, si sono impennati. C’è chi per un bilocale di 73 metri quadrati in Salita Sant’Antonio a Tarsia, non lontano dal mercato della Pignasecca, chiede 1.300 euro al mese. Un monolocale di 40 metri quadrati in vico Paradiso costa 800 euro al mese. Un bilocale al piano terra in Corso Amedeo di Savoia si paga 1.500 euro al mese. Prima del boom turistico lo si sarebbe conquistato a poco più della metà.
È questo il contesto nel quale anche a Napoli ha preso piede un movimento che sollecita il comune a porre un freno alla proliferazione di b&b e case vacanza, per tutelare i residenti. Ieri gli attivisti di Restiamo Abitanti si sono dati appuntamento davanti alla sede del consiglio comunale e hanno presentato una petizione che ha già raccolto migliaia di firme. «Al comune – ha detto Alfonso De Vito, uno degli attivisti – chiediamo sostanzialmente tre cose: istituire l’obbligo di cambiamento di destinazione d’uso per le attività extra-alberghiere, compresi gli affitti brevi; il blocco delle nuove strutture turistiche extra-alberghiere nel centro storico fino alla definizione di soglie di sostenibilità per il numero di posti letto turistici e la definizione di soglie urbanistiche sostenibili per le attività extra-alberghiere in ogni zona della città; l’attuazione e la diffusione di condomini sociali. Ne è stato realizzato solo uno, ma ne servono molti altri».
Venerdì prossimo manifesteranno in corteo nel centro della città per il diritto all’abitare, tra le rivendicazioni almeno due richiedono scelte legislative a livello nazionale: il ripristino dell’equo canone e l’introduzione di sanzioni per le case sfitte.
«Il fenomeno dell’overtourism a Napoli – ha sottolineato ieri Chiara Capretti, attivista di Potere al Popolo e consigliera della II Municipalità – è particolarmente grave perché la nostra è una città nella quale il 44% delle famiglie vive in case in affitto. Centinaia di migliaia di persone sono dunque particolarmente esposte ai contraccolpi della impennata delle locazioni e della sempre più scarsa disponibilità di immobili destinati ai residenti». I bed and breakfast ufficialmente censiti dal comune sono circa 7mila: «Quelli reali però – dice la consigliera della Municipalità – sono almeno il doppio. Solo su Airbnb ci sono adesso 11mila annunci. C’è un fortissimo sommerso».
Il governo cancella il fondo per la morosità incolpevole e gli enti locali devono fare cassa dopo i tagli. Così il regolamento per la locazione degli immobili comunali a uso abitativo (non di edilizia popolare) di Napoli all’art 5 recita: «La locazione è finalizzata a generare un reddito pertanto sarà attribuito un punteggio maggiore in relazione all’aumentare del reddito del richiedente. Non sarà consentita la partecipazione alla procedura a coloro che presentano un reddito annuale inferiore a 15 mila euro».
Fonte: ilmanifesto.it - 7 dic. 2024
Il calendario “da paura” della penitenziaria: il carcere è solo repressione
Le immagini selezionate sono concentrate su una rappresentazione muscolare e intimidatoria, piuttosto che illustrare le reali competenze e la complessità del lavoro degli agenti
di Damiano Aliprandi
6 dicembre, 2024 • 17:01
Armati fino ai denti, in tre che bloccano una persona distesa sul pavimento, gruppo di divise in assetto antisommossa. No, non stiamo parlando di un filmato che documenta un'azione militare in una zona di emergenza, ma del nuovo calendario istituzionale della Polizia Penitenziaria. Che bisogno c'era di rappresentarla esclusivamente attraverso la loro forza muscolare, e soprattutto senza che appaia il carcere, nemmeno sullo sfondo?
Il calendario per il 2025, presentato mercoledì scorso nell'aula magna della Corte di Cassazione, solleva interrogativi profondi sulla rappresentazione della realtà penitenziaria italiana. Nonostante le dichiarazioni del sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro Delle Vedove, che sottolinea la capacità di «miscelare continuamente l'uso legittimo della forza con il trattamento rieducativo dei detenuti», il prodotto finale appare come un manifesto unilaterale e fortemente militarizzato.
Le immagini selezionate per il calendario raccontano esclusivamente un volto repressivo della Polizia Penitenziaria. Agenti in assetto antisommossa, operatori che bloccano con una modalità quasi schiacciante una persona distesa sul pavimento, uomini in passamontagna armati: l'unica narrazione sembra essere quella dell'emergenza e del controllo.
Per l'edizione di quest'anno si è scelto il tema della «formazione» per «evidenziare l'impegno messo dall'Amministrazione penitenziaria e dal Corpo di Polizia penitenziaria in questi ultimi due anni nel darsi solide basi di addestramento», ha spiegato il Capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Giovanni Russo durante la presentazione. Pur riconoscendo l'importanza della preparazione professionale, questa dichiarazione stride con l'impostazione visiva del calendario.
«L'uso difensivo e contenitivo della forza e l'impiego delle migliori tecnologie sono ciò che consente al nostro Corpo di polizia di eccellere in Europa, per esempio per il Laboratorio per la banca dati del dna o di partecipare con crescente puntualità alle più importanti investigazioni anche di criminalità organizzata», ha aggiunto Russo che non ha mancato di ricordare l'operazione che ha portato all'arresto di 14 persone collegate all'evasione del boss Raduano dal carcere di Nuoro.
Se l'intento era valorizzare la formazione e la professionalità, il calendario sembra paradossalmente smentire questo obiettivo. Le immagini selezionate appaiono più concentrate su una rappresentazione muscolare e intimidatoria, piuttosto che illustrare le reali competenze e la complessità del lavoro degli agenti penitenziari. L'eccellenza tecnologica e investigativa di cui parla Russo rimane quasi del tutto assente, ed emerge una narrazione che privilegia l'aspetto repressivo.
Quel che più colpisce è l'assenza totale del carcere come luogo di vita quotidiana. Nessuna foto documenta l'ambiente penitenziario, le celle, i corridoi, gli spazi comuni. Spariscono del tutto quegli agenti che ogni giorno, nonostante condizioni difficilissime di sovraffollamento, svolgono un lavoro complesso di custodia, mediazione e supporto umano. Il sottosegretario Delmastro Delle Vedove ha definito questo calendario come uno sguardo su un Corpo «lontano dai riflettori, eppure prezioso nella lotta alla criminalità». Eppure le immagini sembrano suggerire più una guerra che un servizio pubblico, più una repressione che un percorso di recupero e reinserimento.
La scelta comunicativa appare profondamente sbagliata. Riduce il lavoro dei 37mila appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria a mere funzioni di contenimento fisico, cancellando la complessità, la professionalità e l'umanità che ogni giorno questi operatori sono chiamati a esprimere.
Un calendario dovrebbe raccontare, documentare, far comprendere. Questo invece nasconde, semplifica, alimenta paure. Soprattutto in questo periodo dove siamo giunti a un numero spaventoso di suicidi, sovraffollamento che aggrava sempre di più. Dove, anche gli agenti penitenziari stessi si sono suicidati. E si trovano a dover far fronte alla tensione, e infatti sono in aumento gli eventi critici. Autolesionismo, sciopero della fame, proteste. Un'occasione persa per restituire dignità a un lavoro difficile e fondamentale per la tenuta democratica del nostro sistema penitenziario.
Fonte: ildubbio.news - 6 dic. 2024