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ITALIA / Ebraismo. La protesta degli ebrei pacifisti contro il tour del militare dell’Idf nelle scuole

  • Immagine del redattore: LE MALETESTE
    LE MALETESTE
  • 23 ott
  • Tempo di lettura: 8 min
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“No alla propaganda di guerra in aula”

22 ottobre 2025


La rete Maiindifferenti - Voci ebraiche per la pace e il Laboratorio ebraico antirazzista hanno inviato una lettera all'Unione delle comunità ebraiche italiane, protestando per l'invito a Adi Karni, che sui social sfoggia le sue foto in tuta mimetica e mitragliatrice. Al momento nessuna risposta


Speravano in una risposta “equilibrata”, pur nella “consapevolezza della diversità delle posizioni culturali e politiche”. Invece è passata più di una settimana da quando il 15 ottobre la rete Maiindifferenti – Voci ebraiche per la pace e il Laboratorio ebraico antirazzista hanno inviato la loro lettera, e l’Unione delle comunità ebraiche italiane non ha ancora risposto.

Per questo motivo, visti anche gli “altri episodi recenti”, le due organizzazioni hanno deciso di diffondere il testo integralmente, per portare all’attenzione pubblica l’iniziativa di propaganda militare sionista organizzata nelle scuole paritarie ebraiche di Roma e Milano: il tour “educativo” di un soldato dell’esercito israeliano, Adi Karni, che sui social sfoggia le sue foto in tuta mimetica e mitragliatrice. E che davanti agli studenti dei licei ha raccontato che i militari israeliani, gli stessi che in due anni hanno massacrato 68mila palestinesi, di cui più di un terzo bambini, combattono a Gaza “perché vogliono vivere in pace e in sicurezza”. E “non per uccidere, come provano a farvi credere tutte le fake news che sentite”.


Nella lettera, le due reti ebraiche pacifiste denunciano la deriva dell’Ucei, che dovrebbe rappresentare i valori dell’ebraismo italiano.

Ma l’Unione, si legge nella lettera, “è rimasta in silenzio” di fronte ai “gravi episodi” delle ultime settimane. Oltre al tour pedagogico militarista, l’Ucei è accusata di non aver preso una posizione netta contro (1) l’aggressione agli studenti del liceo artistico Caravillani di Roma, durante un’assemblea studentesca dedicata al genocidio, ad opera di “una squadraccia” capitanata da Riccardo Pacifici, esponente della Comunità ebraica romana. O contro (2) le parole della ministra della Famiglia, Eugenia Roccella, secondo la quale le “gite” ad Auschwitz sono state solo “un modo per ribadire che l’antisemitismo era una questione fascista e basta”. O contro (3) la proposta di Maurizio Gasparri, che vuole impedire per legge le critiche a Israele.


Tutti fatti per cui Maiindifferenti – il cui primo appello per la pace, firmato tra gli altri anche da Gad Lerner, è stato pubblicato quasi due anni fa – si sarebbe augurata un comportamento diverso da parte dell’Ucei. La domanda che le reti pacifiste si pongono, in vista delle elezioni del nuovo Consiglio dell’Unione, nonché dei Consigli delle Comunità ebraiche italiane è: “dove sta andando l’Ucei?”.


La lettera aperta non usa mezzi termini. I firmatari si dicono “sconcertati” dall’invito a Karni, definendo l’episodio una “perversione totale della missione educativa”. Portano prove pesanti: ci sarebbero video in cui il militare dell’Idf, “con lo stesso sorriso smagliante” mostrato agli studenti, fa esplodere una moschea, un “probabile crimine di guerra”. Karni, si legge, “ha dichiarato di aver evitato di pubblicizzare la propria venuta in Italia per timore di finire oggetto di un esposto per crimini di guerra come già gli è successo in altri paesi”. Cosa che in Italia, dove i soldati israeliani vengono per smaltire lo stress, sorvegliati dalla Digos, senz’altro non rischia di avvenire.


La lettera sottolinea la banalità del male che si nasconde dietro a un evento di questo tipo. Karni è presentato come un “ragazzone affabile di 22 anni, che ama la sua famiglia e il suo paese, che è coraggioso ma anche simpatico, che potrebbe essere nostro cugino”. Perché “le persone che partecipano a massicci crimini contro l’umanità non sono psicopatici, ma per lo più persone normalissime che sono state educate male“, scrivono le reti. Educate, in particolare, “a svalutare o negare l’umanità delle vittime designate“. Karni, citato direttamente, avrebbe infatti affermato che a Gaza ha visto “solo odio”, che i soldati stanno “facendo il lavoro sporco” per noi e che “l’Islam avanza in Europa”. Un messaggio, accusano le reti, che importa la “peggiore educazione israeliana” nelle aule magne delle comunità italiane. E che acquisisce un ulteriore significato se si pensa che l’esercito israeliano, a corto di personale, sta mettendo in atto strategie per arruolare centinaia di giovani ebrei della Diaspora, come diffuso dalla radio ufficiale dell’Idf.


La richiesta delle reti è chiara: dimissioni immediate degli assessori alle Scuole paritarie ebraiche e dei responsabili dell’evento. E organizzare per gli studenti incontri con i refusnik israeliani, gli obiettori di coscienza che rifiutano il servizio militare di Tel Aviv: “Giovani – si legge nella lettera – che incarnano i valori ebraici nel modo più puro possibile oggi. Rifiutandosi, a rischio di un forte costo personale, di partecipare al massacro”.



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di LƏa – Laboratorio ebraico antirazzista e Mai Indifferenti – Voci ebraiche per la pace

22 ottobre 2025


Alle soglie di una fragile “pace” e davanti a uno scenario di completa distruzione, dove sta andando l’UCEI? Le reti Maiindifferenti – Voci ebraiche per la pace e L3a – Laboratorio ebraico antirazzista, da anni attive in Italia, hanno segnalato all’Unione delle Comunità ebraiche, alle scuole ebraiche e alle Comunità medesime, già dal 3 ottobre, l’inopportunità del tour di un soldato IDF nelle scuole, quasi a voler fare proseliti tra la gioventù dei licei. A questa lettera, di cui qui si riporta il testo integrale, nessuno ha risposto.


***

Il testo integrale della lettera


Alla c.a. Presidenti e consiglieri dell’UCEI e delle Comunità ebraiche di Roma e Milano

Presidi delle scuole ebraiche di Roma e Milano


Gentili presidenti, presidi, e consiglieri,

Siamo rimasti sconcertati nell’apprendere che le scuole delle Comunità ebraiche di Roma e Milano hanno invitato un militare dell’IDF, Adi Karni, a incontrare gli studenti dei licei. Immaginiamo che l’evento sia avvenuto con il coordinamento dell’UCEI, la cui presidente era presente in almeno una occasione.Seppure nella continuità di una linea politica di appoggio alle sciagurate azioni militari israeliane, che abbiamo già più volte deplorato, questo episodio ci sembra di una nuova e particolare gravità.


Del sig. Karni sono disponibili video in cui, con lo stesso sorriso smagliante che ha sfoggiato nelle scuole ebraiche, fa esplodere una moschea – un probabile crimine di guerra, come ben sa l’UCEI che ha avuto modo di ricordare (quando nel luglio scorso Israele ha attaccato una chiesa di Gaza uccidendo tre persone) che “il rispetto e la protezione dei luoghi religiosi, di qualunque fede essi siano, sono fondamentali per la convivenza, la dignità umana e la speranza di pace”. Karni stesso ha dichiarato di aver evitato di pubblicizzare la propria venuta in Italia per timore di finire oggetto di un esposto per crimini di guerra come già gli è successo in altri paesi.


Si obietterà probabilmente che gli studenti hanno potuto vedere che un tipico soldato israeliano non è altro che un ragazzone di 22 anni, un giovane affabile che ama la sua famiglia e il suo paese, che è coraggioso ma anche simpatico, che potrebbe essere nostro cugino. Non dubitiamo che anche tutte queste cose siano vere. Ma agli educatori è ben noto che le persone che partecipano a massicci crimini contro l’umanità (e l’assalto israeliano a Gaza rientra, al minimo, in questa categoria) non sono psicopatici, ma per lo più persone normalissime che sono state educate male. O meglio: che hanno ricevuto un’istruzione normalissima sotto la maggior parte dei punti di vista, ma al contempo sono stati educati a svalutare o negare l’umanità delle vittime designate.


Così Karni può a sua volta predicare, riferendosi al massacro di cui è parte, che nella Gaza che ha contribuito a radere al suolo ha visto “solo odio”, che “stiamo facendo il lavoro sporco per voi”, spiegando che “l’Islam avanza in Europa”. Insomma il più puro prodotto della peggiore educazione israeliana (musulmani = male da eliminare fisicamente, con sorriso e armi pesanti) viene importato e proposto come progetto educativo alle ragazze e ai ragazzi riuniti apposta in Aula Magna.


Il fatto è ancora più preoccupante se è vero, come la radio di Tsahal ha riportato il mese scorso, che l’esercito israeliano, a corto di personale, sta cercando modi di arruolare centinaia di giovani ebrei della Diaspora.L’affabile propaganda di Karni andrebbe contrastata coi numeri della catastrofe in corso da due anni: più di 65mila palestinesi uccisi, di cui oltre l’80% civili secondo dati dello stesso esercito, centinaia di palestinesi morti per fame. A fronte di 8 ostaggi recuperati vivi in azioni militari, 3 ostaggi sono stati uccisi a bruciapelo dalla stessa fanteria israeliana e un numero indeterminato da attacchi dell’aviazione; oltre 900 soldati uccisi in combattimento, 46 morti per suicidio post traumatico.


E la baldanza di Karni andrebbe contrastata con la testimonianza su Haaretz di un altro soldato, Yoni:

“Terroristi, terroristi”, ha gridato un commilitone [a maggio 2025, a Beit Lahia]. “Ci siamo lasciati prendere dal panico, io ho preso subito il Negev [una mitragliatrice] e ho cominciato a sparare all’impazzata, lanciando centinaia di proiettili. Poi avanzando mi sono reso conto che era stato un errore”. Di terroristi non ce n’erano. “Ho visto i corpi di due bambini, forse di 8 o 10 anni, non ne ho idea”, ricorda Yoni. “C’era sangue ovunque, molti segni di spari, sapevo che era tutta colpa mia, che ero stato io a farlo. Volevo vomitare.

Dopo pochi minuti è arrivato il comandante della compagnia e ha detto freddamente, come se non fosse un essere umano: ‘Sono entrati in una zona di sterminio, è colpa loro, la guerra è così’”. […] “Soffro di flashback di quell’evento”, racconta. “I loro volti mi tornano in mente e non so se riuscirò mai a dimenticarli”.


Riteniamo che l’organizzazione di questo evento rappresenti una perversione totale della missione educativa delle scuole delle nostre comunità. Chiediamo le dimissioni immediate degli assessori alle Scuole e delle altre persone responsabili. E proponiamo come necessaria l’organizzazione per gli studenti di un incontro con associazioni di refusnik israeliani e altre organizzazioni che si oppongono all’approccio militarista e di continua disumanizzazione dei palestinesi. Accanto a loro, potrebbero essere invitati esponenti di molte organizzazioni israeliane e palestinesi che non esitano ad affrontare insieme anche gli aspetti più dolorosi di quello che sta succedendo, per capire cosa possono fare per un futuro di giustizia.


E questo non per realizzare una “par condicio” amorale, ma perché riteniamo che se le scuole ebraiche intendono inculcare valori civili ed ebraici, e al contempo una conoscenza ragionata della società israeliana, non c’è di meglio che conoscere i ragazzi che incarnano questi valori nel modo più puro oggi possibile: rifiutandosi, a rischio di un forte costo personale, di partecipare al massacro. Crediamo che non promuovere e supportare il loro lavoro sia un grande errore e porti le comunità a un isolamento autoindotto. Ci rendiamo fin d’ora disponibili a collaborare alla realizzazione di queste proposte.


Shanà tovà e un cordiale Shalom

***


Le reti speravano in una risposta “equilibrata”, pur nella consapevolezza della diversità delle posizioni culturali e politiche del mondo ebraico ufficiale rispetto alle nostre. Invece l’UCEI non si è espressa, e il silenzio è calato anche su altri episodi recenti:– una squadraccia capitanata dal noto Riccardo Pacifici, esponente della Comunità ebraica romana, ha aggredito gli studenti di un liceo che confina con la sinagoga di Roma; alcuni sono finiti all’ospedale, e gli insegnanti della scuola testimoniano la brutalità dell’aggressione;– la ministra Roccella, in un convegno cui partecipavano anche la presidente UCEI e l’assessore alla Comunicazione, ha dichiarato che le “gite” ad Auschwitz sono state “incoraggiate e valorizzate” perché avevano come bersaglio “una precisa area storico politica”, quella fascista , affermando quindi che le “gite” servono solo a ribadire “che l’antisemitismo è solo una questione degli antifascisti”.– una inquietante pdl a firma Gasparri, che segue la presentazione di altri due progetti a firma Lega e Italia viva, potrebbe condurre a definire antisemita qualsivoglia manifestazione di dissenso nei confronti del governo israeliano da parte di chiunque – movimento, associazione, partito – e in qualsivoglia azione/iniziativa pubblica, colpendo preventivamente i soggetti.

A breve si terranno in Italia le elezioni del nuovo Consiglio dell’UCEI, nonché dei Consigli delle Comunità ebraiche italiane. E allora ci si chiede: dove sta andando l’UCEI?


Maiindifferenti – Voci ebraiche per la pacemaiindifferenti6@gmail.com



Fonte: ilfattoquotidiano.it - 22 ottobre 2025

 
 

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