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ITALIA. Prove tecniche di fascismo democratico

Immagine del redattore: LE MALETESTELE MALETESTE


di Sergio Segio

22 gennaio 2025


Mentre le cronache politiche mettono in scena il consueto gioco di ruolo, fatto di annunci, forzature del governo, frenate del Colle, dichiarazioni dei pasdaran della maggioranza e garbate repliche dei partiti di centrosinistra, il fascismo democratico prosegue la sua marcia, spesso inavvertita e comunque inarrestata.


Ce ne hanno date, ma gliele abbiamo dette, si consola la minoranza parlamentare. Tanto chi davvero le ha prese, le prende e le prenderà sono altri.


Come quei 23 pacifici dimostranti che il 13 gennaio sono stati maltrattati, denudati e infine denunciati dalla polizia a Brescia per aver osato protestare davanti alla sede dell’industria di stato Leonardo, produttrice, in barba alla Costituzione, di strumenti di morte che contribuiscono a far strage di popoli.

Per intimidire violentemente quegli attivisti – così come tanti altri prima di loro – il governo e il suo ministro di polizia non hanno dovuto aspettare l’approvazione al Senato del Ddl Sicurezza.

Neppure i carabinieri di Milano che lo scorso 24 novembre hanno causato la morte del giovane Ramy Elgam – come tanti altri prima di lui – hanno avuto bisogno di nuove norme per sentirsi autorizzati alla profilazione razziale e alla cattura, costi quel che costi, di ragazzi incolpevoli.


Quand’anche manganellate, fogli di via, denunce e processi non fossero sufficienti ecco pronto uno strumento ulteriore e complementare per riportare all’ordine e all’obbedienza giovani dissenzienti e cittadini che protestano: richieste milionarie di risarcimento per danni. È stato messo in campo in questi giorni a Torino, da molti anni laboratorio avanzato anche a questi riguardi, con l’abnorme azione repressiva nel contrasto ormai decennale del movimento popolare contro la TAV. Nel processo in corso contro 28 militanti, imputati in gran parte di associazione per delinquere e per i quali la procura ha già chiesto condanne a ben 88 anni di carcere, Presidenza del consiglio e ministeri dell’Interno e della Difesa costituitisi parte civile hanno chiesto un risarcimento di quasi sette milioni di euro: per le spese sostenute per il ripristino dell’ordine pubblico, ovvero per l’occupazione militare della Val di Susa (nel corso del 2020 si sono alternati 205.988 militari, nel 2021 266.451 e così via), ma anche per danni di “immagine”.


Numeri che persino per i cronisti dell’ANSA «evocano uno scenario che, se non è di guerra, è di conflittualità permanente». Guerra o conflitto dove, afferma una sentenza del prestigioso Tribunale Permanente dei Popoli, «si sono violati diritti fondamentali civili e politici come la libertà di opinione, espressione, manifestazione e circolazione, come conseguenze delle strategie di criminalizzazione della protesta».


In questo scenario il Ddl Sicurezza del governo Meloni impone un salto di qualità, non solo comprimendo ulteriormente i diritti civili e sociali e imprimendo nuovi vulnus al già assai malandato Stato di diritto, ma ampliando impunità e liberando poteri opachi, come denunciato anche dal presidente dell’Associazione familiari vittime della strage di piazza Fontana: «Siamo di fronte a un provvedimento che vuole aumentare la libertà di manovra dei Servizi, svincolandoli da ogni controllo di legalità» (La Stampa, 13 gennaio 2025) e dall’Associazione Italiana per la Scienza Aperta, che ha segnalato l’imposizione nell’ambito universitario dell’obbligo di collaborare con i servizi segreti.


Chiudere ogni spazio al dissenso pacifico e alla protesta nonviolenta, come il Ddl intende fare persino in carcere, rischia di incrementare convinzioni e comportamenti invece violenti. E forse è proprio questo il disegno, rinverdendo quel più che collaudato e sempre funzionante meccanismo che una volta si chiamava strategia della tensione.



Fonte: ilmanifesto.it - 22 gen. 2025

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