Le mafie bruciano i raccolti di tre cooperative che gestiscono terreni confiscati
- LE MALETESTE
- 11 lug
- Tempo di lettura: 6 min

Le coop che gestiscono terreni confiscati sono nel mirino delle mafie. Bruciati i raccolti, tre casi in pochi giorni
Terreni confiscati alle mafie e affidati alle cooperative di nuovo nel mirino. No, questo non è un film.
Brucia il campo coltivato della coop Beppe Montana a Lentini e va in fumo la coltura di cardi nella provincia di Caserta, il terreno è appartenuto a Francesco Schiavone detto Sandokan.
E prima ancora, altro attacco in Calabria. I responsabili dei campi ribadiscono che andranno avanti senza paura davanti a queste intimidazioni.
Succede in meno di una settimana e non si può parlare di coincidenze. Il caldo estremo non c’entra nulla. I raccolti sono andati perduti; è il segno che la criminalità organizzata nei suoi feudi non vuole mollare. In Campania il terreno bruciato è gestito dalla cooperativa Terra Felix e lì le fiamme sono state innescate in più punti, tanto che sono andati distrutti i sette ettari coltivati a cardo in località Santa Maria La Fossa.
“Non si può più parlare di coincidenze o della favola dell’autocombustione. Siamo vicini alla nostra cooperativa con l’impegno di tutte e tutti noi a rispedire al mittente ogni tentativo di voler mettere in ginocchio le esperienze nate sui terreni confiscati. Non saremo intimiditi da questo ennesimo attacco vile e criminale, c’è una verità che non viene cancellata con il fuoco: quelle terre sono ormai libere e il nostro impegno impedirà che si torni indietro. Il lavoro della cooperativa rappresenta un esempio tangibile di come si può riportare nel solco della legalità un bene che è stato restituito a una funzione produttiva e sociale”, scrive in una nota Mariateresa Imparato, presidente di Legambiente Campania.
Nei giorni scorsi si era registrato un attacco molto simile alla cooperativa Valle del Marro, in Calabria, dove un incendio doloso ha completamente distrutto una coltivazione di grano a Gioia Tauro, gestita dalla coop. Si tratta dell’ennesimo episodio, dopo una lunga serie di danneggiamenti e furti. La cooperativa Valle del Marro, associata a Libera, da oltre vent’anni coltiva i terreni confiscati alla ’ndrangheta nella Piana di Gioia Tauro.
“Si tratta di singoli episodi ma segnalano una recrudescenza degli attacchi alle esperienze di uso sociale dei beni confiscati alle mafie. Guai ad abbassare la guardia o dare spazio a ipotesi, che riaffiorano periodicamente, di vendita e “privatizzazione: di questi beni.
Le mafie sanno perfettamente quanto siano importanti nel contrasto al loro radicamento territoriale i progetti e le attività che trasformano i frutti avvelenati del loro potere economico in occasione di riscatto sociale e di creazione di lavoro e buona economia. Ne intaccano, concretamente, il consenso. Anche per queste ragioni l’uso sociale dei beni confiscati alle mafie, su cui Legambiente è impegnata da sempre accanto a Libera, deve essere promosso, sostenuto e difeso da tutti i tentativi di metterlo in discussione, anche con il ricorso, come è accaduto contro la cooperativa Terra Felix, alla violenza criminale”, dicono Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente ed Enrico Fontana, responsabile Osservatorio Ambiente e legalità di Legambiente.
Fonte: articolo21.org - 9 luglio 2025

Nuovi attentati alle cooperative che coltivano i terreni tolti alle mafie
Nelle scorse settimane, incendi e furti hanno colpito alcune cooperative che lavorano i campi sequestrati alle cosche. "Attacchi alla giustizia sociale", sostengono i soci, che chiedono a istituzioni e società civile di difendere "un patrimonio collettivo"
9 luglio 2025
Aggiornamento: Martedì 8 luglio 2025, un incendio, probabilmente di natura dolosa, ha distrutto 20 ettari di terreno confiscato alla criminalità organizzata nell'agro di Lentini (Siracusa) dove la cooperativa Beppe Montana – Libera Terra coltiva grano duro. "La preoccupazione è che dietro questi gesti ci sia un disegno preciso: scoraggiarci, farci sentire soli, spingerci a mollare – ha dichiarato Alfio Curcio, responsabile della cooperativa –. Non possiamo permetterlo. Il riutilizzo sociale dei beni confiscati è un patrimonio collettivo: va difeso dalle istituzioni con il sostegno attivo della società civile”.
Sette ettari di grano biologico inceneriti da un incendio doloso. È il quarto atto intimidatorio in meno di un mese contro la cooperativa sociale Valle del Marro-Libera Terra che coltiva oltre cento ettari di terreni confiscati ai principali clan della ‘ndrangheta della Piana di Gioia Tauro, tra i comuni Oppido Mamertina, Rosarno, Rizziconi, Gioia Tauro e Taurianova, nomi che evocano il potere ’ndranghetista. Un'altra realtà di Libera Terra, la cooperativa Beppe Montana di Ramacca (Catania), ha subito ieri l'ennesimo furto.
Libera Terra, le sfide di chi coltiva i terreni confiscati alla ‘ndrangheta
“Avevamo fatto le strisce tagliafuoco sul margine esterno dove passa una strada, per evitare incendi occasionali. Il fuoco è partito dall’interno del campo coltivato e non dalla strada, come ci hanno confermato i vigili del fuoco”. Domenico Fazzari - presidente della cooperativa Valle del Marro-Libera Terra
La Valle del Marro, nata 21 anni fa su iniziativa della Diocesi di Oppido-Palmi e di Libera, col sostegno del Progetto Policoro della Cei per l’imprenditoria giovanile al Sud, fa parte del Consorzio Libera Terra Mediterraneo. La cooperativa sociale non è purtroppo nuova a queste gravi intimidazioni: incendi, tagli di ulivi secolari, furti, danneggiamenti ai mezzi agricoli. Fin dai primi giorni di attività. Ma quattro in meno di un mese preoccupano, anche per la tempistica delle azioni.
Meno di un mese fa – ci racconta il presidente della cooperativa, Domenico Fazzari – sono stati tagliati i tubi dell’impianto di irrigazione in tre terreni nel comune di Gioia Tauro, due coltivati a clementine e uno a kiwi. Sono anche state rubate componenti fondamentali degli impianti come desabbiatori, fertirrigatori, filtri e sfiati, rendendo di fatto impossibile l’irrigazione. Lo scorso 17 giugno, sempre nel territorio di Gioia Tauro, in località Pontevecchio, è stato incendiato un terreno coltivato a grano biologico, quasi pronto per la mietitura. “Avevamo fatto le strisce tagliafuoco sul margine esterno dove passa una strada, per evitare incendi occasionali. Non è stata sicuramente una cicca di sigaretta buttata da un’auto di passaggio. Il fuoco è partito dall’interno del campo coltivato e non dalla strada, come ci hanno confermato i vigili del fuoco”.
Intimidazioni come progetto criminale
Qualcuno vuole sicuramente danneggiare la cooperativa. Lo dimostra il fatto che lo scorso anno era stato incendiato un altro terreno coltivato a grano proprio di fronte a quello bruciato ora. E che anche il danneggiamento degli impianti irrigui si è già ripetuto nel passato. “Oltretutto – sottolinea Fazzari – oltre al danno economico diretto c’è anche quello indiretto, perché le piante vanno in sofferenza. E non è certo una coincidenza che abbiano scelto giorni di grande caldo, così come per l’incendio appiccato in un giorno di vento”. Quello al campo della cooperativa è l’unico incendio scoppiato in questi giorni nella zona. I soci hanno provato a difendersi oltre che con le strisce tagliafuoco, mettendo un cancello. “Ma un primo ce lo hanno distrutto e un secondo lo hanno rubato dalla sera alla mattina, con un danno di 900 euro. Così non lo abbiamo più messo”. È evidente un progetto criminale. “Ma perché? Non riusciamo a capire e per questo siamo ancor più preoccupati”, si sfoga Fazzari.
Forse perché la cooperativa è una bella realtà economica: oltre cento ettari di agrumeti, uliveti, kiwi, peperoncino, grano; dieci lavoratori a tempo indeterminati e 15 stagionali, tra i quali alcuni immigrati; un ostello e una bottega dove vendere i prodotti del Consorzio Libera Terra, in un palazzo confiscato alla cosca Versace di Polistena, che ospita anche il centro di aggregazione giovanile “Don Pino Puglisi” della parrocchia di Santa Marina Vergine, guidata da don Pino Demasi, “papà” della cooperativa. E più recentemente la partecipazione al progetto Seles (Scuola etica e libera di educazione allo sport), la scuola calcio nata nel 2013 a Gioiosa Jonica su iniziativa dell’Associazione don Milani, e rafforzatasi poi a Castelfranco Emilia e Polistena per offrire a bambini e ragazzi formazione sportiva di qualità, affiancata da percorsi di educazione alla legalità democratica, all’inclusione e alla cittadinanza attiva. Attualmente a Polistena vi partecipano 110 bambini.
“Cambiare per restare, restare per cambiare”
Ora i quattro attentati arrivano in un momento “di svolta” per la cooperativa, ci dice ancora il presidente, “i contratti di assegnazione dei terreni in comodato d’uso gratuito stanno scadendo e noi speriamo siano rinnovati. Ma ci sono anche molti impianti da rinnovare perché le piante sono vecchie e poco produttive e anche una parte dei nostri mezzi agricoli andrebbe rinnovata”. Quindi proprio non ci volevano questi danneggiamenti che, tra raccolto di grano perso e impianti di irrigazione rubato e tagliato, avranno un costo non inferiore a 13mila euro, esclusa la manodopera per il ripristino.
“Questi atti non sono semplici danneggiamenti agricoli, ma veri e propri attacchi alla legalità ripristinata e alla giustizia sociale. La solidarietà concreta e il sostegno attivo sono le risposte più immediate a chi tenta, con la violenza e la paura, di frenare il cambiamento da tempo avviato”. Antonio Napoli - socio della cooperativa
I soci e i lavoratori della cooperativa non intendono certo mollare ma chiedono un aiuto alla comunità. “Questi atti non rappresentano semplici danneggiamenti agricoli - spiega Antonio Napoli, uno dei soci -. Sono veri e propri attacchi alla legalità ripristinata e alla giustizia sociale. Chi attacca le coltivazioni, attacca l’esistenza stessa di un lavoro dignitoso. La solidarietà concreta e il sostegno attivo - è l’appello della Valle del Marro - sono le risposte più immediate a chi tenta, con la violenza e la paura, di frenare il cambiamento da tempo avviato”. Quando è nata la cooperativa aveva come slogan “Cambiare per restare, restare per cambiare” e non hanno certo cambiato idea. Non vanno lasciati soli.
Fonte: lavialibera.it - 9 luglio 2025