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LONDRA. Il magma razzista dei 110mila in piazza: cronache e retroscena + VIDEO

  • Immagine del redattore: LE MALETESTE
    LE MALETESTE
  • 15 set
  • Tempo di lettura: 5 min


Sabato pomeriggio scorso, 13 settembre 2025, a Londra circa 110mila persone hanno partecipato a una manifestazione contro l’immigrazione organizzata dall’attivista neofascista noto come Tommy Robinson (*Tommy Robinson è il nome con cui si fa chiamare Stephen Yaxley-Lennon, uno degli esponenti più noti e influenti dell’estrema destra britannica.).


La marcia è arrivata a Whitehall, una strada in pieno centro vicino a numerosi uffici governativi. Sulla stessa strada era stata organizzata anche una contromanifestazione con circa 5mila partecipanti. Ci sono stati numerosi scontri fra la polizia e i manifestanti contro l’immigrazione, alcuni dei quali hanno cercato di sfondare il cordone di sicurezza che li separava dai contromanifestanti.


Mai così tanti: a Londra profluvio di odio nazionalista, anti-antifascismo e anti-Islam per un evento chiamato “Unite the Kingdom”.


AI MUSULMANI la polizia ha consigliato di restarsene a casa. In mezzo al bandierame – la cui inquietante immagine dimostra più che mai che il patriottismo sta al nazionalismo come la ristrutturazione ai licenziamenti – i soliti cartelli «Stop the boats» e «Send them home». Aggregatosi la mattina a sud della capitale, l’enorme corteo anti-immigrati, anti-Labour, anti-LGBTQ+, anti woke, anti-antifascismo e ovviamente anti-Islam si è snodato lungo le vie del centro per finire a Whitehall, dove si sono succeduti al microfono i suoi organizzatori: lo stesso Robinson, ma anche la tossica ex-personalità televisiva Katie Hopkins, l’ex-attore e fallimentare candidato a sindaco di Londra Lawrence Fox e, dulcis in fundo, Steve Bannon, nume tutelare del suprematismo bianco globale. Elon Musk ha addolcito la sua inconsolabile assenza arringando in video-chiamata.


KEIR STARMER (Primo Ministro) ha più volte sottoscritto le rimostranze di quest’umanità calva, rosacea e tatuata che dalle palestre della provincia assediava gli hotel con i migranti, lodandone i drappi e gli stendardi, legittimandone e incoraggiandone la calata di ieri sulla capitale.


Fonte: ilmanifesto.it 14/9/2025 e ilpost.it - 13/9/2025



IL VIDEO



I retroscena

Il partito sovranista britannico Reform UK arriva da un periodo molto positivo. Da tre mesi è stabilmente primo nei sondaggi e ha allargato il vantaggio, sia sui Laburisti al governo sia sui Conservatori, dopo aver ottenuto un risultato eccezionale alle elezioni locali di maggio. Quest’estate Reform però ha incontrato i suoi primi veri problemi: anche come conseguenza del suo successo, infatti, sono nati movimenti che aspirano a fargli concorrenza da destra e accusano il leader Nigel Farage di essersi troppo ammorbidito.


La retorica di Farage in realtà è rimasta la stessa: populista e anti-migranti. Non è affatto detto che questi movimenti abbiano il potenziale per impensierire Reform, che ormai è un partito strutturato, ma sono uno sviluppo rilevante per varie ragioni. Da un lato le critiche provengono da ambienti di estrema destra che per anni avevano visto in Farage il loro riferimento e ora ne mettono in dubbio le credenziali anti-establishment. Dall’altro, i due principali movimenti sono in pratica scissioni di Reform, fatte in aperto dissenso con Farage e con lo stile della sua leadership.


Il primo movimento, nonché quello più significativo, si chiama Restore Britain (“Ripristinare la Gran Bretagna”, nel senso di riportarla a un presunto antico splendore). L’ha fondato Rupert Lowe, che era stato uno dei cinque deputati fatti eleggere da Reform alle elezioni di un anno fa. Lowe se n’era andato dopo essere stato sospeso dal partito a marzo durante quella che la rivista New Statesman definì «la guerra civile di Reform». Aveva contestato Farage in un’intervista al tabloid Daily Mail, sostenendo che Reform dovesse smettere di essere «un partito di protesta guidato dal Messia».


Era la stessa accusa che viene spesso mossa a Farage dai suoi (sparuti) oppositori interni e dagli ex esponenti che lo contestavano: esercitare un controllo troppo stretto sul partito e lasciare poco spazio al dissenso. Gliene ha fatta una identica Ben Habib, cioè l’ex eurodeputato del Brexit Party che ha fondato il secondo movimento di estrema destra, Advance UK (“Progresso del Regno Unito”). Habib era stato il vice leader di Reform fino a pochi giorni dopo le elezioni del 2024.


Sia Restore Britain sia Advance UK sono caratterizzati da posizioni ancora più a destra di quelle di Reform, che già lo sono parecchio, e da una comunicazione ancora più polarizzante. Il primo si racconta come «un movimento» mentre il secondo come un partito, entrambi puntano tutto sulla propaganda sui social (specie su X), ma c’è una grossa differenza: Restore Britain ha molta più visibilità perché Lowe, che è stato anche presidente della squadra di calcio inglese Southampton, è più noto e può sfruttare il suo ruolo da parlamentare.


Questi movimenti, come detto, hanno slogan che sarebbero problematici da propalare persino per Reform – almeno pubblicamente.


Lowe parla dell’immigrazione come di «importazione industriale» di delinquenti e propone di reintrodurre la pena di morte. Habib aveva rotto con Farage prendendo le difese di Tommy Robinson, un famoso attivista neofascista britannico che il leader considera troppo estremista per Reform. Peraltro Robinson era stato la causa del litigio tra Farage e il miliardario statunitense Elon Musk, che aveva chiuso una fase di grande sintonia politica e addirittura promesse di finanziamento. Recentemente Robinson ha annunciato la sua adesione ad Advance UK e Musk ha espresso sostegno a Lowe.


È molto presto per capire se la concorrenza potrà davvero danneggiare Reform in qualche modo, anche perché al momento non ci sono sondaggi sui nuovi movimenti. Tra l’altro sono stati annunciati lo stesso giorno, il 30 giugno: una circostanza con cui si sono danneggiati a vicenda in termini di copertura mediatica. Due petizioni presentate da Lowe hanno superato la soglia di 100mila firme per cui il parlamento è tenuto a valutare se occuparsene. Sono iniziative strumentali ma hanno ottenuto un numero di adesioni ragguardevole: una chiede di rivedere le pene per i reati d’opinione attraverso i social (186mila firme); l’altra di raccogliere dati sulla «nazionalità, l’etnia, il permesso di soggiorno e la religione» dei molestatori di minorenni (246mila firme).


Le condizioni politiche per criticare Farage da destra sono maturate anche per via di una sua precisa tattica. Per espandere i consensi, in questi mesi Farage ha fatto anche proposte di sinistra, per esempio di ripristinare misure di welfare cancellate dal governo dei Laburisti o di nazionalizzare aziende del settore idrico e siderurgico. Questo approccio sta funzionando: un numero sempre maggiore di elettori che si ritengono centristi ha detto di essere disposto a votarlo.


Sull’immigrazione, però, non ha smussato i suoi messaggi, anzi. Forse anche in reazione al pressing di Lowe, a fine luglio Farage ha avviato una campagna social di sei settimane e con cadenza quotidiana definisce «invasione» l’arrivo di persone migranti attraverso il canale della Manica.


Le scissioni e gli attacchi non sono stati l’unico problema che Reform ha avuto quest’estate. A giugno c’è stato il caso di Zia Yusuf, il presidente del partito (ossia la persona più importante dopo Farage) che si era dimesso in dissenso con la proposta di una neodeputata di vietare i burqa (i capi d’abbigliamento usati per coprire interamente il viso, tipici della religione islamica). Yusuf, che è musulmano, poi aveva cambiato idea nel giro di due giorni.


Nel 2025 Reform ha inoltre raccolto meno fondi tramite donazioni di quanto si aspettasse e, soprattutto, assai meno dei Conservatori, di cui ambisce a prendere il posto. Per il momento, dunque, il partito dipende dai versamenti fatti dai dirigenti più abbienti, come Richard Tice e lo stesso Yusuf, malgrado sostenga di avere più di 225mila membri, che pagano una quota.


Infine, nonostante a maggio Reform abbia vinto le elezioni locali facendo eleggere oltre 677 consiglieri locali (su 1.641 da rinnovare), finora è stato messo in minoranza in tutti questi consigli, perché le altre forze politiche non vogliono accordarsi col partito di Farage.


Fonte: ilpost.it - 11 agosto 2025

 
 

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