top of page

MAJA. Il processo ungherese + VIDEO

  • Immagine del redattore: LE MALETESTE
    LE MALETESTE
  • 12 giu
  • Tempo di lettura: 5 min


Eppure Maja resta in carcere


di Mattia Tombolini

9 giugno 2025


Nei giorni 4 e il 6 giugno si sono tenute due importanti udienze per Maja, antifascista detenutə in carcere in Ungheria da oltre un anno in stato di isolamento.


Maja ha richiesto i domiciliari e il 5 giugno ha iniziato uno sciopero della fame a oltranza denunciando le sue condizioni insostenibili. 23 ore al giorno in cella in isolamento, ora d’aria con manette ai polsi e alle caviglie, impossibilità di studiare, di incontrare e avere contatti con i propri cari, un livello igienico generale basso, cimici, cibo avariato, una condizione di “tortura bianca” che ci fa pensare alle condizioni del 41 bis.


Maja è statə estradatə illegalmente, altre persone stanno affrontando lo stesso processo in Germania. Il processo di Maja è lo stesso in cui sono coinvolte/i molte/i antifasciste/i in tutta Europa, molte/i in carcere oggi in Germania, Gino per cui solo provvisoriamente possiamo tirare un sospiro di sollievo, e Ilaria Salis su cui pende una richiesta di revoca di immunità.


In questi giorni abbiamo assistito a due udienze molto lunghe e con la stessa identica liturgia già vista nelle udienze dello scorso anno per Ilaria Salis. (...) In queste udienze ci sono stati molti testimoni, NESSUNO ha riconosciuto Maja. Sono stati proiettati molti video, in NESSUNO di questi si vede MAI Maja. Allo stato dei fatti non esistono prove, l’unico motivo per cui Maja è in prigione oggi si basa su supposizioni e la richiesta, a oggi, è di 24 anni di carcere.


DA SEGNALARE tre testimoni polacchi, vittime di un pestaggio. Moglie, marito e amico, i tre si dichiarano “passanti”, che erano a Budapest in vacanza, quindi non partecipanti al giorno dell’Onore. Si dà il caso che basta googlare i loro nomi per trovarli facilmente in più di una foto in cui tengono insieme la bandiera blu di Ruch Narodowy, movimento di estrema destra polacco. Anche loro, comunque, non riconoscono Maja.

Eppure Maja resta in carcere.


(...) Mi sono reso conto in questo anno, da quando abbiamo cominciato a seguire insieme a Michele Zerocalcare e ad altre/i antifasciste/i la vicenda delle e degli antifa a Budapest, che questa storia non gode di grande simpatia. Più che simpatia potremmo dire empatia, forse perché è complicato immedesimarsi in questi ragazzi e ragazze o forse perché ha vinto la narrazione che li disumanizza. Anche tra le nostre fila si spreca chi pensa che andare a Budapest a picchiare i nazisti sia una cosa “scema” (la semplifico al massimo) e non si capisce bene perché delle pischelle e dei pischelli si debbano organizzare per una tale impresa.


Manca dalla narrazione un dato fondamentale, che ogni anno, così come c’è il giorno dell’onore, c’è anche chi organizza una contro-manifestazione. Chi lo fa viene perseguitata/o letteralmente, sia dal governo, che dai fascisti e dalla polizia. In questo contesto avvengono questi fatti ed è sempre molto facile giudicarli e analizzarli dal comodo del proprio divano (o della propria assemblea) e forse è anche giusto farlo ma solo dopo che tutte/i sono state/i riportate/i a casa.


(...) Immaginate di stare in isolamento da oltre un anno. Immaginate di poter vedere le vostre amiche e i vostri amici solo alle udienze, da dietro delle guardie in passamontagna senza poterle/i abbracciare o poterci scambiare una parola. Immaginate di assistere a un processo farsa che ha già deciso come andrà a finire. Immaginate cioè che la vostra vita scivoli dentro un baratro e che ogni cosa punta a piegarvi, a farvi chiedere pietà.


In quell’aula scura, in quel palazzo semivuoto dove l’unico rumore che si sente nei corridoi è quello di catene che si trascinano, di fronte a un giudice che sembra non avere un’anima, un minimo cenno di umanità, in un processo che viene svolto in una lingua che non capisci, legato come “Hannibal the cannibal”.


In questo contesto Maja entra con un sorriso, poi si alza e va di fronte questo giudice con i capelli sciolti, senza paura, e gli dice in faccia quello che pensa di lui, quello che pensa di questo processo, quello che pensa della vita e conclude con «Sono antifascista perché necessario. Questa è la cosa più importante da dire». Finito si gira e guarda le sue amiche e i suoi amici che si alzano e urlano «FREE MAJA, FREE FREE MAJA».

Il giudice resta basito e sconcertato, con lo stesso tono asettico dice che non si possono fare queste cose in aula e poi prosegue, come se niente fosse. Ma di questo giudice la storia non avrà mai bisogno, di persone come Maja ne abbiamo bisogno sempre di più. Io ne ho bisogno anche solo per alzarmi la mattina e mettere un piede dietro l’altro.


Cosa si può fare per Maja e per le altre persone coinvolte in questo processo? La verità è che si può (e si deve) fare tutto. Non possiamo aspettarci niente dal tribunale di Budapest, non possiamo aspettarcelo dalla politica che sembra in imbarazzo a dire che i nazisti sono un problema per la democrazia (e quindi gli dispiace se qualcuno li picchia).


Quello che si può fare è essere solidali, aumentare questa solidarietà in maniera esponenziale e immaginare tutte le forme possibili di lotta e di conflitto, perché se c’è una cosa che la storia ci ha insegnato è che la libertà non cade mai dal cielo.


Maja è in sciopero della fame perché non può fare altro in quella condizione, a noi sta inventarci il modo di darle supporto, perché potrà sembrare retorico ma questa storia ci riguarda in prima persona. Oggi che l’Italia ha appena approvato il DL Sicurezza potremmo vedere un moltiplicarsi di provvedimenti verso persone che manifestano e dovremmo inventare modi di resistere e tirarle fuori. Immaginare un metodo, una forma di organizzazione, di supporto legale e far sì che lo slogan «si parte e si torna insieme» non sia solo retorica.


Fonte: dinamopress.it - 9 giugno 2025




Mi chiamo Maja e da un anno vivo in una cella d’isolamento in Ungheria. Il video-podcast di Cecilia Sala


11 giugno 2025


Maja ha 24 anni e vive in una cella d’isolamento. Circa un anno fa è stata illegalmente estradata in Ungheria dalla Germania, il suo paese, e oggi rischia 24 anni di carcere. La Corte costituzionale tedesca ha detto che quella estradizione era illegittima quando ormai era troppo tardi.


Pochi giorni fa il tribunale ungherese doveva decidere se concedere gli arresti domiciliari a Maja, ma la decisione è stata rimandata. Tutte le richieste precedenti erano state negate. Così, il 5 giugno, Maja ha smesso di mangiare.


Il processo a Maja riguarda gli stessi fatti di febbraio 2023 per cui era stata arrestata Ilaria Salis, una serie di aggressioni contro i neonazisti durante la loro festa a Budapest: il “Giorno dell’Onore”. Ai due neonazisti picchiati fu prescritta una prognosi di 5 e 8 giorni. Maja invece rischia di restare in cella fino al 2047.


Maja si definisce non binaria e in Ungheria le persone non binarie finiscono in celle d’isolamento, perché le autorità dicono che sarebbe pericoloso tenerle assieme ad altri detenuti. Il risultato è che Maja è da sola tutto il giorno. La mancanza di esposizione alla luce naturale per quasi un anno ha già avuto effetti concreti: Maja non vede più come prima.


IL VIDEO


Fonte: choramedia.com - 11 giugno 2025


Altri articoli su Maja, qui:

© 2025 le maleteste

  • Neue Fabrik
  • le maleteste / 2023
  • Youtube
  • le maleteste alt
  • le maleteste 2025
bottom of page